Stages
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Questi stages hanno un'impostazione fondamentalmente teatrale, ma questo non significa che non facciano parte del lavoro del clown o che lo riguardino solo marginalmente: è chiaro che gli accenti, in questo caso, vanno spostati sui registri comici di ogni situazione, ma gli elementi costitutivi di esse sono esattamente i medesimi, si tratti di Amleto o di Arlecchino.
Lo stesso grammelot (e qui ribaltiamo il discorso), generalmente pensato come artificio comico per eccellenza, nasconde tra le sue pieghe forti possibilità drammatiche.

Non è necessario essere attori navigati per partecipare a questi stages: anzi, anche chi fosse totalmente digiuno di palcoscenico ma comunque attratto da questo affascinante mondo della finzione assolutamente reale potrà avere accesso all'iniziativa.
In fondo si tratta di fare una full immersion non solo nel gioco teatrale ma anche nel quotidiano guazzabuglio della comunicazione, dei linguaggi verbali e non verbali, di una parola inventata sul momento, di un gesto nuovo ma profondamente nostro.

Può anche accadere che qualcuno riesca a dire quel che non aveva mai saputo di sapere. Intrigante, no?

     Voce: impostazione della tecnica vocale

      Tecnica del grammelot

    Tecnica dell'improvvisazione

     Lavoro sul personaggio

      Narrazione a tecniche miste

     Prendersi a sberle fa morire dal ridere 

     I linguaggi del Teatro

      Il Training fisico   (livello base)

 

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 La Voce: impostazione della tecnica vocale

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1. Respirazione e rilassamento
2. Scansioni ritmiche sonore
3. Risuonatori
4. Coordinazione direzionale suono/movimento
5. Il linguaggio tonale
6. Elaborazione di immagini sonore
7. La voce e l'emozione


La voce è il nostro naturale prolungamento. Attraverso di essa si veicolano emozioni e pensieri, spesso in contrasto fra loro, ed è certo che nessun attore, clown o drammatico che sia, può prescindere da un uso cosciente delle proprie capacità vocali.

Non si tratta soltanto di ricercare la potenza dell'emissione vocale attraverso la concentrazione ed il rilassamento, è fondamentale sapere che cosa si sta realmente dicendo, e come lo si sta dicendo.
Si inizia con la tecnica per poi cercare lo stupore, la sorpresa, la rabbia, la dolcezza.

 

Durata: 3 incontri di 3 ore ciascuno
Gruppo: non meno di 10 persone, max 15

 

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   Tecnica del grammelot 

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1. I linguaggi non verbali
2. Decontestualizzazione del linguaggio verbale
3. Giochi sui paradossi comunicativi
4. La descrizione: verbale e non verbale
5. Costruzione di elementi di verbalità agita
6. Il parlare onomatopeico

Il grammelot, antico linguaggio dei giullari e poi della Commedia dell'Arte fatto di suoni e parole inventate, è stato rilanciato oltre venti anni fa da Dario Fo con il suo indimenticabile Mistero Buffo. In questo stage ci si prefigge l'obiettivo di impostarne le caratteristiche e la logica.

Durata: 3 incontri di 3 ore ciascuno
Gruppo: non meno di 10 persone, max 15

 

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   Tecnica dell'improvvisazione, in esecuzione singola e d'assieme



1. Sintetica illustrazione del Metodo Strasberg e degli elementi costitutivi la situazione di conflitto elementare
2. Il modello attanziale di Greimas
3. Conflitti e obiettivi
4. Microsituazioni di conflitto: prime improvvisazioni
5. Costruzione di situazioni a concatenamento casuale
6. Esercizi di stile
7. Improvvisazioni a coppie e in gruppo in "circostanze date" secondo il Sistema Stanislavskij
8. Immagine interna e memoria emotiva
9. Il rapporto con gli oggetti

L'improvvisazione è tutt'altro dall'essere qualcosa che "come va, va".
Lo sanno assai bene i musicisti, e la logica all'interno della quale si muovono e dalla quale devono uscire -raccordandosi ad una logica diversa- è un passaggio analogo a quello che è necessario in scena. Cosa vuoi da lui o da me? E perché? E se non lo ottieni che cosa ti succede?
Se il lavoro di preparazione del personaggio è stato ben eseguito, molte cose possono venire in aiuto, ma non è detto che tutti gli elementi li abbia decisi e strutturati l'attore.
Dove sei, perché, in quale situazione ti trovi possono essere la spinta verso la creazione o la zavorra che ti trascina a fondo nonostante tutto: il Metodo Strasberg e le impostazioni di Stanislavskij possono però aiutare un mattone a nuotare controcorrente.

Durata: 3 incontri di 4 ore ciascuno
Gruppo: non meno di 10 persone, max 14

 

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   Il lavoro sul personaggio


Distribuzione di personaggi (stereotipi) di riferimento: la maggior parte del lavoro sarà orientata alla ricerca della caratterizzazione di questo personggio. Si potrà comunque proporre un lavoro di approfondimento su di un personaggio già esistente in uno spettacolo recitato da uno o più dei partecipanti allo stage.

1. Caratteristiche fisiche: improvvisazioni ed esercitazioni alla ricerca dell' identità attraverso i rapporti tra

- movimenti
- vestiario (è richiesto a tutti i partecipanti di portare con sè e condividere con gli altri alcuni capi di vestiario)
- voce (tecniche di emissione)
- linguaggi (verbali e non verbali)

2. Caratteristiche personali: improvvisazioni alla ricerca dell' identità attraverso i reciproci rapporti tra i personaggi, evidenziando

- simpatie
- antipatie
- fissazioni
- obiettivi

3. Esercizi di stile (qualcuno ricorda un certo signor Raymond Queneau?)
4. Ricerca e costruzione del sottotesto
5. Improvvisazioni singole e a coppie

Si imposterà la lunga e puntigliosa genesi di un carattere, di un'andatura, di un tic che compare senza che lo si sia programmato. Chi è la persona a cui prestiamo il nostro corpo e le nostre emozioni? E' fondamentale evitare lo scoglio dell'impostazione intellettualizzata, pur mantenendosi vigili ed aperti allo sviluppo della situazione. C'è un corredo da preparare, che ci seguirà per sapere chi siamo nel momento in cui entreremo in scena e che ci darà la capacità di agire e reagire, come diceva Stanislavskij, in maniera logica e coerente.

Durata: 4 incontri di 4 ore ciascuno
Gruppo: non meno di 10 persone, max 15

 

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   Narrazione a tecniche miste



1. Storia o resoconto?
2. Costruzione di una storia a concatenazione casuale
3. Mi scusi, dov'è Piazza Dante?
4. Dai Carabinieri al Witz
5. Vedere e sentire per far vedere e far sentire
6. Una fiaba
7. Lo stravolgimento, ovvero come mettere i rospi in tasca a Cappuccetto Rosso e farla incontrare con il Televisore Cattivo

Che differenza c'è tra il narrare qualcosa ed esporre i fatti? Può succedere che un il racconto di un evento di portata storica risulti più sciapo di una minestra senza sale, e che invece quello dello starnuto di una vecchia signora diventi inspiegabilmente la gag dell'anno.
Non è così inspiegabile, e soprattutto così inimitabile: le risorse personali di chiunque sono sufficienti a trasformare un panino con la mortadella in un ricevimento a Corte. Provare per credere.

Durata: 3 incontri di 3 ore ciascuno
Gruppo: non meno di 10 persone, max 14

 

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      Prendersi a sberle fa morire dal ridere 



1. Pugni, calci, schiaffi e cadute
2. Cadere: tecniche di atterraggio
3. Far cadere: tecniche di atterramento
4. Piccole grandi acrobazie
5. Improvvisazioni


La vita del clown è ricchissima di contrasti che iniziano, si sviluppano o terminano a suon di sventole che alzano magicamente dal suolo, pedate nel didietro che fanno fare le capriole, acrobatiche e rovinose cadute da inaffidabili trespoli.

Ma un clown che non sa cadere non solo si fa molto, molto male ma fa anche molta, molta pena, e uno schiaffo finto è così platealmente finto da sembrare vero solo se chi lo dà è in perfetto sincronismo con chi lo riceve.

Inciampare, ricordiamolo sempre, è un'arte.
Questi due giorni di lavoro impostano un allenamento che richiede costanza, attenzione, precisione e nervi saldi, per dare al pubblico il brivido che precede la risata liberatoria.

 

Durata: 3 incontri di 4 ore ciascuno
Gruppo: non meno di 10 persone, max 18

 

 

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 I linguaggi del Teatro


1.  Il linguaggio verbale: le uova al tegamino secondo Anubi

2. Il linguaggio gestuale, ovvero "La padella, questa sconosciuta: come colpire il proprio antagonista e soprattutto perché"

2-1 . L'importanza dello stile: amici, nemici, o semplici conoscenti?

3. Il linguaggio mimico facciale, ovvero "La faccia parlante: esercitazioni sull'uso dello sguardo"

4. Il linguaggio tonale, ovvero "Litigare con un ragno e guidare un cieco con i numeri"

5. L'insieme dei linguaggi non verbali, ovvero "Il Grammelot"     

5-1. Come descrivere una sedia

5-1. Incontrarsi al bar

5-3. Le strade del Grammelot

6. Il testo e il con/testo, ovvero "Sto pensando quello che dico o sto dicendo quello che penso?"

7. La comunicazione secondo Watzlawick: conferma, rifiuto e disconferma

 

L’esistere in scena è basato sulle proprie capacità comunicative: se non fai in modo che tutti capiscano che cosa stai facendo e perché, impedisci ai tuoi partner di fare la loro parte durante lo spettacolo.
E non sto parlando solo di quelli che con te sono sul palco: di partner, in platea, ce ne sono tanti quanti sono gli spettatori, e uno spettacolo funziona se anche loro possono essere parte attiva. 

Al contrario di quanto generalmente si pensa, lo spettatore non è un soggetto passivo.

 Ride o piange quando può ricostruire quello che siamo sulla scena, ma solo perché noi stiamo lavorando insieme a lui ad assemblare tutti gli elementi necessari a suscitare pensiero ed emozione.

 La consapevolezza di sé e del proprio corpo sono indispensabili, è evidente, ma bisogna avere ben chiaro tanto il “cosa” quanto il “come” si stia agendo in scena perché in una situazione teatrale, con ritmi e modalità comunicative alterati (o forse è meglio dire ricodificati) dalle necessità sceniche, è estremamente facile cadere e far cadere nell’equivoco, generando una comunicazione sviata, contraddittoria o addirittura illeggibile.

 In questi due giorni di lavoro si toccheranno i vari aspetti della comunicazione -teatrale e quotidiana- con esercitazioni che andranno dal grammelot (la parlata onomatopeica) alla declamazione, dal contatto fisico all’esercizio di stile secondo Queneau, con particolare attenzione ai linguaggi non verbali.

Durata: 4 incontri di 4 ore ciascuno

 

 

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   Il Training fisico   (livello base)  

Studio del movimento? No, il movimento come studio

Muoversi in scena è tutt’altra cosa dal quotidiano, anche quando voglia esserne la replica fedele. Improvvisamente ci troviamo dotati di troppe mani, troppi piedi, una quantità eccessiva di occhi, ci sentiamo perennemente nel posto sbagliato e con il corpo sbagliato.

 

La ricerca della consapevolezza di sé e del proprio corpo richiede un quotidiano lavoro di allenamento -di un “training”, per l’appunto- che sia lo spazio che l’attore (o il clown) dedica a sé e allo studio delle proprie peculiari possibilità.

 

Il movimento non è un fine, è un tramite. La “tecnica” di esecuzione di un qualsiasi movimento è il punto di partenza per rendersi consapevoli delle proprie tensioni, del proprio grado di attenzione a Sé e all’Altro.

 

guarda i video   1      2    e 3

 

Durata: 4 incontri di 4 ore ciascuno
Gruppo: non meno di 10 persone, max 20

 

 

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