![]() front-office |
![]() - Ambulatoriali - Allievi Corso di Laurea |
![]() |
||
|
||||
|
||||
CORSO DI AGGIORNAMENTO
SULLA COMUNICAZIONE
PER IL PERSONALE FRONT-OFFICE
Primo incontro
- simulazione "La richiesta impossibile"
- analisi dell'accaduto
- richiesta esplicita/richiesta occulta
- esercizi di incontro: prime microsituazioni
- introduzione al Metodo Strasberg
- evidenziazione delle capacità comunicative non verbali
- prime considerazioni su linguaggio e stereotipo
- stereotipi, strutture e megastrutture aziendali
In questo incontro sono stati esemplificati alcuni stereotipi relazionali individuali e di gruppo, illustrando come essi tendano a negare complessità e molteplicità, nei rapporti come nelle strutture. Sono stati inoltre illustrati alcuni elementari moduli di comunicazione non verbale, e alcune microsituazioni di conflitto.
Secondo incontro
- completamento degli esercizi di incontro
- illustrazione di RS e RE, e delle loro implicazioni emotive
- simulazione "La prassi scavalcata": variazioni in funzione di RS e RE
- analisi dell'accaduto e dei vissuti
- verifiche stereotipo/conoscenza
- le 10 parole dell'Utente
- le 5 parole dell'Utente Fetente
- le 5 parole di Sant'Utente
- le 10 parole dell'Operatore
- le 5 parole dell'Operatore Cattivo
- simulazione "Quando il Buono e il Cattivo si incontrano"
- considerazioni sul rapporto tra mansioni, funzione e stereotipo del p/u e dell'operatore
E' stato fatto uno studio sui "rapporti di forza" e su come influenzino anticipatamente le relazioni fra i soggetti, e di come la comunicazione metta bene in evidenza le caratteristiche di tali rapporti, anche quando non sono espliciti, rendendoli osservabili dall'esterno. Prima ricerca sullo stereotipo di un soggetto esterno: l'Utente. E' stato possibile evidenziare che il comportamento dell'utente varia con ben precise costanti, ricavabili dal contesto formato dal tipo di problema di cui è portatore, dalla prestazione richiesta e dalla possibilità di contrattarne o meno l'erogazione: di conseguenza, operatori che da molto tempo lavorano presso lo stesso reparto hanno un'idea di utente diversa da quella di chi lavora in un altro. Il verificare l'esistenza di tale "pregiudizio a determinazione ambientale" è stato uno dei primi passi verso una relativizzazione dell'opinione dei singoli.
Terzo incontro- sociogramma "L'ambiente di lavoro"
- valutazione dei risultati: considerazioni sulle relazioni tra i gruppi componenti l'ambiente di lavoro
- brainstorming: "Le parole dei soggetti dell'ambiente lavorativo"
- le relazioni emergenti
- l'autoimmagine, gli stereotipi, i colpevoli, gli innocenti
- processo all'imputato e processo ai processi
L'utilizzo del sociogramma ha consentito la messa in evidenza di diversi e contraddittori atteggiamenti nei confronti dell'ambiente "al di qua dello sportello". Il successivo brainstorming sulle singole voci in esame ha messo ulteriormente in luce diversi aspetti di tali rapporti, soprattutto nei confronti di medici e dirigenti. In particolare si è poi approfondito il concetto di "emergente" e sulla sensatezza o meno, all'interno di una grande struttura aziendale o sociale, del cercare innocenti e colpevoli vs. una analisi dei processi che portano al compiersi di eventi negativi, disfunzioni, ecc., e di come la comunicazione, in questi casi, presenti specifiche caratteristiche.
Quarto incontro
- comunicazione e metacomunicazione
- simulazioni su conferma/rifiuto/disconferma
- considerazioni su relazioni individuali e tra gruppi, riferite alle analisi sull'ambiente di lavoro
- simulazione "L'Avvocato del Diavolo"
- simulazione "Il processino in Direzione Sanitaria"
- considerazioni sulla conoscenza reale della propria figura professionale, del proprio ambiente di lavoro, della struttura organizzativa e del suo funzionamento
- considerazioni su identità professionale assente, misconoscenza ambientale e conseguenze relazionali e comunicative
Durante questo incontro sono state precisate le tre fondamentali dinamiche comunicative, riferendole sia all'ambito personale che a quello gruppale e intergruppale. In seguito si è iniziato un lavoro di verifica della conoscenze reali e degli stereotipi e pregiudizi rispetto all'ambiente di lavoro, particolarmente diretto al rapporto con la Direzione. E' risultata una conoscenza alquanto approssimativa dell'insieme, compresa la propria identità professionale: è venuto quindi spontaneo considerare quanto la mancanza di informazioni renda difficoltoso e soggetto ad errori il comunicare, e le implicazioni emotive che ne derivano. Quinto incontro -l'utopia possibile: ricerca in gruppi sui propri bisogni, su quelli della struttura e su quelli della Direzione - classificazione dei bisogni - discussione delle analisi dei gruppi E' stata fatta una serie di ricerche di identità tramite i bisogni, con l'obiettivo di evidenziare possibilità e incompatibilità. Identificare tramite i bisogni consente di vedersi "dall'esterno" senza farsi troppo condizionare dal proprio stato emotivo: analoga operazione si può fare nei confronti di interlocutori che, a torto o a ragione, siano considerati poco attendibili.
Sesto incontro- termina la classificazione dei bisogni
- discussione sulle funzioni degli organismi rappresentativi in relazione all'identità professionale
- sindacato sì o sindacato no?
A questo punto era necessario parlare di quel ben radicato soggetto che è il sindacato, croce e delizia dei lavoratori dipendenti e -mi si consenta- anche di sé stesso. Discussione vivacissima, che ha ulteriormente evidenziato le carenze comunicative e la scarsa circolazione delle informazioni in merito, e quindi il supplemento di difficoltà e di carica emotiva.
Settimo incontro- il dirigente: com'è e come dovrebbe essere
- ideazione di un corso di formazione per un primario
- considerazioni su identità professionale e possibilità di interazione scevre da stereotipi
- ideazione di formazione e aggiornamento del personale amm.vo di reparto e F.O.
-responsabilizzare vs. ordinare: le rispettive dinamiche relazionali e comunicative, e le loro implicazioni emotive e formative
Questo incontro si prefiggeva l'obiettivo di utilizzare le informazioni dai singoli vissuti professionali, scartandone la connotazione emotiva, per fare un "viaggio" all'interno dei problemi che un dirigente, un primario e un collaboratore amministrativo possono incontrare e che devono essere messi in condizione di risolvere, ognuno nel suo specifico ambito di competenza, tramite un progetto di formazione di queste figure professionali, basato sulla ricerca e sull'analisi dei bisogni.
Ottavo incontroNono incontro- le trappole del linguaggio
- lo "sporco trucco" e il suo meccanismo comunicativo
- stravolgimento del significato di una stessa informazione o gruppo di informazioni ottenendo significati opposti: esercitazioni pratiche
-le trappole del linguaggio 2
- l'esercizio di stile
- l'informazione nei passaggi soggetto- oggetto: esercitazione pratica
- la strategia dello scambio di livello
Lo strumento del linguaggio verbale è molto meno addomesticato e addomesticabile di quanto sembri: la diversa organizzazione degli stessi dati, lo scambiare i livelli relazionali, l'introdurre disconferme camuffate da critiche costruttive sono alcune fra le più importanti strategie, e anche le più usate, nel quotidiano gioco dello scambio di informazioni numeriche e analogiche. La serie di esercitazioni sull'uso e il riconoscimento di queste strategie ha l'obiettivo di aiutare a mantenersi in condizioni di "ascolto attivo" in situazioni a forte connotazione emotiva, esplicita o latente.
Decimo e undicesimo incontro- organizzare un pensiero è creare l'identità
- lavori del gruppo per la sintesi del percorso svolto
- produzione di uno schema finale
Riesaminare il percorso e produrre uno schema ha l'obiettivo di organizzare la memoria di ciò che è stato fatto rivedendo anche le prime esperienze fatte durante il corso alla luce di quello che si è imparato più di recente, e di uscire dall'ambito del meramente episodico per toccare con mano quali nuove diverse strutture di analisi si possano utilizzare per capire e affrontare le proprie situazioni professionali, abbandonando stereotipi di causa-effetto relazionali e comunicativi, e cercando la "giusta distanza" fra identità personale e identità professionale.
Dodicesimo incontro- incontro congiunto dei 3 gruppi
- confronti di schemi e progetti
- esercitazione pratica: si affronta il problema del nuovo referente dei collaboratori amministrativi
Durante quest'ultimo incontro i tre gruppi, congiuntamente, hanno fatto una sorta di "esercitazione pratica", analizzando le possibili dinamiche e risposte inerenti al cambio di referente, innovazione vissuta come un'ennesima disconferma da parte della D.S. Notevole è stato lo sforzo di superare il sentimento di frustrazione per andare a cercare non solo le migliori strategie di rapporto, ma anche di verifica del problema, per vedere se è il cambio in sé a generare un malcontento su cui si innestano aspettative di rapporto in negativo, o se in questo sentimento è la negatività generale del rapporto con la struttura aziendale a generare fantasmi più o meno catastrofici.
CONSIDERAZIONI FINALI
Sin dal primo incontro ho avuto l'impressione, pienamente
confermata in seguito, che il personale con cui avevo a che fare, per caratteristiche
dovute a) alle disparate provenienze -vedi il riciclaggio del personale da
situazioni dismesse - b) all'eterogeneità degli interlocutori c) a una sorta
di indecidibilità dell'identità professionale, vivesse in un'aura di rancore
diffuso la propria situazione di lavoro, senza però andare oltre nell'analisi
della stessa.
Come inevitabile complementarietà a tale risentimento, un'immagine del proprio
ruolo professionale decisamente parziale, con connotazioni vittimistiche,
spesso in contraddizione con il desiderio, peraltro legittimo, di realizzarsi
in maniera soddisfacente nello svolgimento delle proprie mansioni, al servizio
del pubblico, del personale medico e paramedico, in una situazione aziendale
in via di trasformazione che, in quanto tale, non può non generare una certa
ansia per il futuro.
Ciò non toglie comunque nulla al fatto che la "distanza
dai valori aziendali", vero nodo da affrontare tramite il corso, sia un problema
assai più datato della trasformazione aziendale in oggetto, come altrettanto
datate ed articolate sono le analisi sul burn-out, sulla motivazione, sull'organizzazione,
e di ognuna di queste le tendenze, le impostazioni e le implicazioni.
Con tutto il doveroso rispetto per il fondamentale lavoro che altri hanno
svolto e svolgono, ho preferito utilizzare al massimo il rapporto diretto
con le persone e con il loro vissuto lavorativo, con il loro quotidiano, per
cercare di capire e far capire quali relazioni esistano fra esse ed il loro
ambiente di lavoro, e come tali relazioni si possano evidenziare rapidamente
tramite lo studio delle dinamiche comunicative.
A cosa può servire uno studio del genere? Sostanzialmente a verificare se i modelli di riferimento di queste relazioni, così contraddittorie come si presentano, sono veritieri o parzialmente o totalmente falsi, e quale sia la diffusione e l'importanza di tali stereotipi nel predeterminare le relazioni fra i soggetti, sia a livello personale che tra gruppi omogenei. E' un lavoro assai delicato portare qualcuno alla verifica delle proprie opinioni senza urtarne la suscettibilità, facendo soprattutto in modo da far nascere dubbi e discussioni all'interno del gruppo di lavoro senza manipolare alcuna informazione, alcun dato.
Era d'altra parte fondamentale una verifica a 360° delle
informazioni sul proprio ambiente lavorativo a disposizione di ognuno: il
quadro di incompletezza risultante da ciò che veniva a volte proposto come
un'inconfutabile verità è stato il primo passo verso una revisione non solo
di concetti e opinioni ma anche dell'atteggiamento nei confronti del pubblico,
dell'entità aziendale e dell'identità professionale.
Tuttavia questo revisionare non era tanto il fine, quanto un mezzo, un'esercitazione
pratica in cui si impiegava l'osservazione delle dinamiche comunicative durante
le manifestazioni del quotidiano, con l'intento di fare un viaggio nella realtà
aziendale vista da un'angolazione meno parziale, più ricca, di quella solitamente
usata.
Conoscere e accettare tale complessità come frutto della storia di un ambiente
partecipato in prima persona, e non come il parto diabolico di un'entità persecutoria
ha posto le basi per elaborare e arricchire ulteriormente questa posizione,
iniziando una riflessione/osservazione del proprio "sé aziendale", su quali
bisogni e possibilità si potevano estrapolare in relazione all'ambiente di
lavoro, ai colleghi, agli utenti.
Ciò ha senz'altro giovato, e in tempi relativamente brevi, alla disponibilità nei confronti del pubblico, ma pur mitigandolo non ha certamente estirpato un atteggiamento pregiudizialmente negativo nei confronti della dirigenza: questione alquanto spinosa che meriterebbe, a mio avviso, una serie di analisi e riflessioni più articolate e approfondite di quanto in questo breve scritto sia possibile fare. Trovo comunque significativo che la necessità di tale discussione sia stata più volte espressa dai corsisti, che se da un lato vivono questo antagonismo come valvola di sfogo dei propri malumori (cosa tra l'altro assai comune), dall'altro hanno potuto rendersi conto di che limitazioni esso ponga, caricando emotivamente qualsiasi episodio e trasformandolo da possibile confronto in sicuro scontro, pregiudicando ogni possibile evoluzione in positivo.
Alcune strade sono aperte, dunque, e un'aspettativa è innescata, per verificare se queste "attenzioni" (leggi "corsi di aggiornamento") sono un segno evolutivo o un gioco alla panacea che mascheri tutti i mali, lasciando il complesso più o meno invariato: trovo quindi della massima importanza non smentire questi segnali positivi, rinforzando i segnali di attenzione e di ascolto. Carico senz'altro oneroso specialmente nella situazione attuale, ma indispensabile per attivare una comunicazione "sana", accettabilmente scevra da pregiudizi e irrigidimenti gratuiti tra base e vertice, naturale complemento e supporto di una concreta e non formale partecipazione ai valori e agli obiettivi aziendali.
Durante il corso, che si svolge in 10 incontri a cadenza settimanale della durata di 4 ore ciascuno per ogni gruppo di corsisti, verrà svolto un lavoro di ricerca, messa in evidenza e discussione delle problematiche inerenti, dal punto di vista relazionale e comunicativo, ai temi che verranno sinteticamente illustrati qui a seguito.
Il rapporto col paziente e con l'ambiente di lavoro
Prendendo spunto da un'aneddotica sulla propria vita professionale prodotta
dai partecipanti, verranno eseguite simulazioni sui diversi "casi possibili"
ritenuti emblematici delle dinamiche relazionali operatore/paziente e operatore/operatore.
I vissuti e le problematiche emerse durante l'esecuzione di questi role-playing
costituiranno il principale campo di indagine e di riferimento per tutta la
durata del corso, con l'obiettivo di verificare come, durante il quotidiano
dell'IP, avvenga la gestione della relazione d'aiuto e con quali implicazioni.
L'analisi della situazione: il contatto e il conflitto
Studio teorico e pratico della S.E.C. (Situazione Elementare di Conflitto), secondo L.Strasberg, con esercitazioni su: l'incontro, il contatto, la richiesta, la risposta, la motivazione. Esercitazioni pratiche di "lettura" delle simulazioni secondo lo schema di osservazione desunto dalla S.E.C. I linguaggi, le domande e le risposte Studio ed esercitazioni su linguaggio e metalinguaggio (verbale, mimico-facciale, prossemico, gestuale, tonale) e, riferendosi agli scritti di Watzlawick, Beavin e Jackson sulla Pragmatica della Comunicazione Umana, studio e illustrazione delle modalità di conferma/rifiuto/disconferma. Studio ed esercitazioni sulle strategie elementari del linguaggio verbale, e loro significato contenutistico e relazionale.
L'immaginario, l'ideale e il reale
Valutazione e verifica dell'autoimmagine professionale. Il rapporto e la comunicazione tramite stereotipi, e il superamento dello stereotipo mediante l'ascolto attivo: studio delle relazioni con l'ambiente di lavoro e con i pazienti, tramite le modalità comunicative che emergono durante le simulazioni.
Quando è il corpo a parlare
Esercitazioni basate sul contatto fisico,
con l'obiettivo di aggirare le barriere e le resistenze opposte tramite la
"razionalizzazione selvaggia" dei problemi posti dalla relazione d'aiuto.
Verranno effettuate anche, con lo stesso scopo, sedute di stimolazione dell'immaginario,
utilizzando una tecnica teatrale che presenta alcune analogie col training
autogeno. I cinque punti che ho sommariamente presentato
verranno approfonditi e sviluppati non tanto singolarmente, quanto un'integrazione
reciproca e secondo tempi e modi variabili in funzione dell'iter e delle
dinamiche interne del gruppo, in una parola della sua identità.
Verranno effettuate anche sedute di brainstorming, con l'obiettivo di mappare
ed evidenziare l'immaginario del gruppo rispetto alle problematiche via via
emergenti, valorizzando e dando spazio al patrimonio esperienziale di ogni
partecipante. Per il corretto svolgimento del corso
è indispensabile avere a disposizione:
- una grande aula sgombra dai banchi
- sedie per tutti i partecipanti - una lavagna
- uno o due tavoli di media grandezza
- un lettino per visite ambulatoriali
- materassini ginnici per tutti i partecipanti
Si raccomanda inoltre che ogni gruppo di corsisti non superi in nessun caso le 15 unità. Una scheda questionario va distribuita a tutti i partecipanti almeno 25-30 gg prima dell'inizio del corso e che mi deve essere riconsegnata due settimane prima di incominciare gli incontri.
IL PERCORSO
Primo incontro
- Presentazione e domanda: cosa vi aspettate da questo corso?Secondo incontro
- Spiegazione delle regole della simulazione
- Simulazione "La richiesta impossibile"
- Analisi dell'accaduto: cosa è successo, cosa doveva succedere, come farlo succedere
- RS ed RE: il sociale, l'emotivo, la contrattualità intra ed extraspecificaTerzo incontro
- La lettura della contrattualità attraverso le modalità comunicative
- Simulazione "La prassi scavalcata"
- Azioni e reazioni durante il conflitto: costi e ricavi in guerra e in pace
- Simulazione "Il paziente aggressivo"Quarto incontro
- Pugno di ferro vs. proposte relazionali
- Le modalità di conferma/rifiuto/disconferma
- Comunicazione e metacomunicazione
- L'imposizione del paradosso tramite RS
- Sociogramma "L'ambiente di lavoro"Quinto incontro
- Brainstorming sulle voci del sociogramma
- Valutazioni e considerazioni sui risultati
-Esercitazioni sull'immaginario: quando l'immaginazione ci svela una sconosciuta ovvietà
- Simulazione "Il malocchio"Sesto incontro
- Le proposte relazionali: dal baratto all'accettazione e gestione dell'emotività del paziente e dell'operatore
- Il contatto fisico: quante cose sa dire una mano?
- Toccati da un estraneo
- Le trappole del linguaggio 1: le versioni diametralmente opposteSettimo incontro
- Una domanda vecchia: cosa vi aspettate da questo corso?
- Una domanda nuova: cos'è l'autodifesa?
- Valutazioni dei corsisti sul percorso finora svolto
- Le trappole del linguaggio 2: l'esercizio di stileOttavo incontro
- Simulazioni prodotte dai corsisti
- L'Avvocato del DiavoloNono incontro
- Simulazioni prodotte dai corsisti
- La circolazione delle informazioni tramite il gruppo dei pari
- Interlocutori o parafulmini? Le disconferme tra base e vertice
- L'identità professionale e l'Azienda OspedalieraDecimo incontro
- Diritti, doveri, terrori veri e falsi
- Le interazioni base-base e base-vertice
- Quando il gruppo dei pari si attiva per prevenire gli scontri
- Breve (e dolente) storia dell'evoluzione sindacale
- Indagine ed esercitazione pratica su margini di rischio, conoscenza e misconoscenza degli interlocutori
- Il Percorso: traduzione del lavoro svolto in indicazioni pragmatiche di comportamento in situazioni di conflitto e/o di crisi
- Questionario finale di valutazione del Corso
CONSIDERAZIONI FINALI
E' praticamente inevitabile, quando si
lavora con le tematiche di lavoro degli operatori sanitari, un coinvolgimento
a 360 gradi dei vissuti professionali e personali, e delle forti implicazioni
emotive che, come animali in trappola, cercano con molta energia e poco costrutto
di trovare una via d'uscita, andando ad alimentare quella malcelata animosità
di fondo che caratterizza, da sempre, la condizione della maggioranza dei
lavoratori dipendenti: nulla da eccepire sul fatto che sia storicamente ed
ambientalmente giustificata, ma non è difficile sollevare obiezioni sulla
sua attuale incompatibilità con un "pensiero operativo", vale a dire con la
ricerca di soluzioni che economizzino al massimo gli scontri frontali base-vertice
con tutto vantaggio delle parti che compongono, nel nostro caso, la realtà
del servizio sanitario, utenza compresa.
D'altra parte, un Corso sulla Comunicazione non può servire ad insegnare "trucchi"
per zittire il prossimo con l'eleganza e l'imprevedibilità di un colpo di
judo, cosa che invece un buon numero di corsisti si attendeva: mi è stato
esplicitamente richiesto di insegnare un metodo per "ribellarsi senza rischiare
sanzioni", "insultare senza che sembri un insulto", "pareggiare i conti con
i superiori dimostrando di aver ragione", "ridurre al silenzio i pazienti
aggressivi e gli scocciatori".
Tutto sommato non c'era nulla di inatteso, in queste richieste: sono stato
invece piacevolmente sorpreso dalla grande curiosità e voglia di imparare
e confrontarsi espressa dalla quasi totalità dei partecipanti, che (a malincuore)
rinunciando a propositi di vendetta hanno iniziato sin dal primo incontro
ad esprimersi vivacemente sulle tematiche proposte da me nella prima metà
dei lavori, e poi da loro, con un buon livello di autonomia, nella seconda.
Perché questo accadesse ho utilizzato
i primi sei incontri per un'illustrazione didattica di elementi e funzioni
della comunicazione, parallelamente alla trattazione di specifici conflitti
che si verificano nell'esercizio della professione infermieristica: conflitti
di coscienza, etici, pragmatici, dei quali ogni corsista poteva parlare in
totale libertà, tenendo contemporaneamente d'occhio i significati e le implicazioni
del proprio agire e sentire in relazione al gruppo dei colleghi, ai pazienti,
ai dirigenti e al complesso aziendale.
Vi sono stati momenti di forte intensità (anche emotiva), che mi hanno confermato,
se mai ce ne fosse stato bisogno, le notevoli potenzialità inespresse e il
grande bisogno di uscire dalla parcellizzazione di queste persone. Appare
contraddittorio parlare di isolamento in una realtà aziendale numericamente
rilevante come il S.Anna, eppure (e neanche questa è una novità) operatori
che da anni vi lavorano hanno una conoscenza molto superficiale sia dei colleghi,
sia della struttura che del suo funzionamento e della sua regolamentazione
interna: in più occasioni sono emersi problemi vecchi di anni, che hanno trovato
accoglienza e risoluzione tramite i contributi di esperienza e conoscenza
della discussione in gruppo.
E' stato quindi senza scosse il passaggio
ai temi proposti dai partecipanti, che hanno utilizzato gli spazi di discussione
per cercare, se non soluzioni, almeno informazioni ed impostazioni corrette
riguardo ai problemi di servizio, di rapporto con l'utenza e con l'ambiente
di lavoro.
Questo processo di ricerca di informazioni attraverso l'ascolto attivo, l'attenzione
continua, l'utilizzo corretto degli schemi di riferimento, la ricerca dell'interlocutore
appropriato, il rifiuto dello stereotipo, l'osservazione di sé e degli altri,
costituisce l'obiettivo del corso: non è un metodo per vincere i confronti,
è un diverso porsi rispetto ai problemi propri e altrui che consente una risposta
personalizzata in entrambi i sensi, e al tempo stesso osservante delle regole
della civile convivenza.
Quanto questo obiettivo sia stato raggiunto e quanto abbia già influito sulle
prassi di servizio lo si può desumere dai questionari di valutazione del corso
(che allego a questo breve scritto) compilati dai partecipanti durante l'ultimo
incontro: significativo è osservare come, spontaneamente, alcuni propongano
una verifica dell'efficacia delle indicazioni comportamentali a distanza di
qualche mese, tramite valutazioni e riscontri da fare in gruppo: è un segnale
importante di una ricerca di identità professionale saldamente integrata con
la propria sfera personale, salva da pericolose confusioni senza rinunciare
alle proprie individuali risorse non solo per ciò che riguarda la relazione
d'aiuto con i pazienti, ma tenendo in considerazione il sostegno e l'attenzione
verso i colleghi, e più in generale alle persone che si trovano a condividere
l'attuale doppio carico dovuto alla quotidiana prassi lavorativa e alle trasformazioni
aziendali in atto, queste ultime generatrici di particolari e difficilmente
arginabili stati di ansia.
Può far sorridere questo aspetto, ma
invito lo staff dirigenziale a non sottovalutarne le possibili (e non certo
positive) implicazioni comportamentali per gli operatori, che seppure corresponsabili
della diffusa cortocircuitazione informativa dovuta (anche) a decenni di delega
in bianco a organizzazioni sindacali più o meno credibili, meritano di essere
correttamente e tempestivamente informati di tutto ciò che li riguarda, di
poter agevolmente individuare e incontrare interlocutori adeguati ai bisogni
di cui siano portatori, di non dover rincorrere notizie fantasma utilizzabili
poi ad arte a scopi pseudoterroristici da chiunque abbia interesse a farlo.
A mio avviso, per non disperdere i risultati
ottenuti, è necessario da un lato istituire appositi e preparati referenti
per l'informazione aziendale, dall'altro seguitare a prendersi cura degli
operatori dal punto di vista formativo relazionale, in modo da rinforzare
e confermare il segnale di attenzione nei loro confronti dato con questo Corso
sulla Comunicazione e con quello precedente, indirizzato al personale front-office
e tenutosi dal gennaio all'aprile '95. Impegno senza dubbio oneroso, ma indispensabile
per attivare su più lati una comunicazione che allontani lo stereotipo e il
pregiudizio come unici riferimenti rispetto all'universo aziendale e alle
modalità di prestazione ed erogazione dei servizi, obiettivo raggiungibile
non con la bacchetta magica, ma con una costante attenzione, oltre che ai
numeri, alle persone.
Seminari di 8 ore per allievi del Corso di Laurea in Infermieristica svolto nel 2011 a Novara presso l'Università de Piemonte Orientale " Amedeo Avogadro" |
Questa serie di seminari mi è stata richiesta dall’Università di Novara per circa 160 allievi del Corso di Laurea in Infermieristica, allievi che ancora dovevano iniziare il tirocinio nei reparti.
La difficoltà era, quindi, nel trovarsi a lavorare con persone completamente a digiuno di esperienze che non fossero personali, e di conseguenza portatrici di un immaginario privo di riscontri oggettivi (ben diversamente saranno strutturati gli incontri previsti per il prossimo anno accademico, quando un lungo periodo di tirocinio sarà già stato compiuto dagli allievi).
Non che questa loro caratteristica pregiudicasse ogni possibilità di intervento, ma mancando un terreno esperienziale, sul quale innestare tanto il confronto quanto la parte didattica, è evidente la necessità di informare (e formare) senza creare aspettative e pregiudizi rispetto all’attività di tirocinio, e alle relazioni con l’utenza e con il personale operativo.
Dal punto di vista didattico gli obiettivi erano:
Dal punto di vista formativo gli obiettivi erano:
PROGRAMMA
Discussione finale in gruppo e valutazione della giornata da parte degli studenti
Workshop per operatori del SERT e di Comunità |
Questo stage non può essere definito “istruttivo”, nel senso che l’obiettivo che ci si pone ha ben poco a che vedere con un insieme più o meno vario di nozioni, comportamenti o strategie possibili che venga insegnato allo scopo di affrontare situazioni particolari: si tratta, piuttosto, di un momento di riflessione e di ascolto dei propri sentimenti e delle proprie sensazioni rispetto ai mille disastrosi vissuti con cui ogni giorno un operatore si deve confrontare e che deve far convivere con le mille esigenze del servizio quotidiano, spesso a scapito di sé non tanto per una predestinazione al sacrificio quanto perché questi spazi di riflessione raramente vengono concepiti e poi pensati come necessari.Si preferisce, di solito, appoggiare i propri malesseri su una lenitiva coltre di stampo fideistico, sull’autocommiserazione, sul distacco “da-professionista-che-non-si-fa-coinvolgere”, sulle priorità organizzative e quant’altro. I risultati possibili vanno dal burn-out in poi, senza che questi malesseri vengano riconosciuti come tali e venga loro riconosciuta una cittadinanza.
Non credo esista un metodo in grado di diagnosticare e prescrivere
una terapia per questi disagi: esistono però le persone e il loro insopprimibile
desiderio di equilibrio, di condivisione, di non restare sole.
Questo stage,
non offrendo insegnamenti diretti e applicabili, offre però un inatteso
spazio e legittima cittadinanza a sentimenti e grumi di pensiero che non
possono o non vogliono essere altro, almeno per il momento.
Le tecniche miste di evocazione e azione fisica, voce e contatto presentano un grado di coinvolgimento e un’orchestrazione progressiva studiate per presentare di volta in volta spazi di accoglienza e provocazioni che non significano in nessun caso “prendere o lasciare”: al contrario stimolano una diversa attenzione ai propri vissuti e a quelli di chi condivide gli stessi spazi, sia esso un collega o un utente.
Svolgimento in tre incontri mattutini consecutivi, della durata di quattro ore ciascuno per gruppi di 7 - 10 persone, e tre incontri di verbalizzazione, commento ed elaborazione dei vissuti in orario pomeridiano della durata di 90 minuti ciascuno.Orari: preferibilmente al mattino.Abbigliamento: tuta ginnica, pantaloni corti e maglietta. Scarpe ginniche o per danza. Niente gioielli (orecchini, catenelle, ecc.) né orologi.E’ richiesta la lettura preventiva de “Lo strano caso del dr. Jekill e mr. Hyde” di R.L. Stevenson: ogni partecipante dovrà ricercare e indicarne le frasi a suo avviso più significative.
Questo laboratorio si prefigge l’obiettivo di creare, con un lavoro che venga a coprire l’arco di circa 18 mesi, una importante risorsa per la prevenzione del disagio adolescenziale e -complementarmente- genitoriale: si continua a pensare al giovane come unico portatore di disagio, quando si renderebbe necessaria un’ottica più globale che tenga conto anche delle difficoltà, timori e/o fantasmi che popolano l’esperienza di genitore specialmente in questo periodo di trasformazioni profonde e spesso traumatiche caratterizzanti l’adolescenza dei figli.
Prima fase
In programma sono previsti:
Seconda fase
- 2. discussioni di gruppo sui temi della comunicazione e dei problemi relazionali inerenti alle situazioni simulate, esercitazioni sull’ espressione verbale e non verbale, con specifico riferimento alla conflittualità genitore/figlio e genitore/genitore
- 3. una serie di incontri tra il gruppo dei genitori e un altro gruppo composto da adolescenti (le possibilità sono molteplici, e vanno dal gruppo di ragazzi sconosciuti ai partecipanti al laboratorio al gruppo composto da ragazzi conosciuti, sconosciuti e figli), da impegnare in una serie di attività creative da svolgersi congiuntamente con l’obiettivo di offrire un contesto all’interno del quale gruppi omogenei -ma strettamente connessi fra loro- possano vedersi e osservare sotto una luce altra da quella quotidiana le proprie ed altrui caratteristiche e diversità.
Per la realizzazione dei punti 1 e 2 necessitano di un minimo di 12 incontri della durata di 3 ore a cadenza settimanale: per il punto 3 necessitano almeno 3 incontri, sempre a cadenza settimanale ai quali farne seguire altri 2, con i soli membri del gruppo genitoriale, durante i quali lavorare sui vissuti, sulle osservazioni e sulle emozioni di ognuno dei partecipanti, con l’obiettivo di trarre dal percorso compiuto una serie di indicazioni comportamentali per gestire le situazioni di conflittualità.
Durante una serie di 20 incontri a cadenza quindicinale verrà avviata la pratica di un gruppo di riferimento e discussione aperto, al quale in seguito potranno rivolgersi altri genitori di adolescenti che sentano il bisogno di condivisione e confronto della loro esperienza, con l’obiettivo di fare di questo gruppo una risorsa permanente per il territorio: è ovvio che il gruppo dovrà comunque poter contare almeno in questa fase anche sulla presenza di una qualificata e competente figura esterna, in grado di favorire e mantenere quest’ultimo passaggio.Percorso dei punti 1 e 2 della prima fase
Presentazione
Presentazione delle attività e degli argomenti trattati, e colloquio con i presenti sui problemi che nascono dall'evoluzione (o è meglio dire rivoluzione?) dei rapporti all'interno della famiglia dovuti alla crescita dei figli. Alle persone che decideranno di aderire all'iniziativa verrà sottoposto un questionario preliminare allo scopo di ottimizzare il lavoro futuro.- Cosa vi aspettate da questo laboratorio? - Questionario di adesione
Primo incontroAlcuni spunti di riflessione e confronto su una serie di categorie di pensiero e sull'inadeguatezza di determinati comportamenti e atteggiamenti, visti anche attraverso le prime situazioni simulate. Sarà possibile vedere che c'è una bella differenza fra il parlare di situazioni solamente immaginate (e quindi costituite da parole) e l'esprimersi su qualcosa che -anche se immaginario- è appena accaduto sotto i nostri occhi.-Stereotipi, uso e abuso: quando il salvagente ti fa affondare
- Spiegazione delle regole della simulazione
- Simulazione “La richiesta impossibile”
- Analisi della simulazione: cosa è successo, cosa doveva succedere. E come farlo succedere?
Secondo incontroPrime analisi e letture "dal vero" dei comportamenti nelle situazioni conflittuali, delle strategie e delle tattiche. Uno studio sui "rapporti di forza" e su come influenzino anticipatamente le relazioni fra i soggetti, e di come la comunicazione metta bene in evidenza le caratteristiche di tali rapporti (anche quando non sono espliciti) rendendoli osservabili dall'esterno. Anche una vecchia canzone come Teresa non sparare può dare delle ottime indicazioni in merito, e introdurre il concetto di contrattualità.- Microsituazioni di conflitto e strategie comunicative
- La Relazione Sociale (RS), la Relazione Emotiva (RE), la Contrattualità
- La lettura della contrattualità attraverso le modalità comunicative: quanto valgono 10 Euro?
- Simulazione “La prassi scavalcata”
- Azioni e reazioni durante il conflitto: costi e ricavi in guerra e in pace
Si approfondisce lo studio fatto durante l'incontro precedente. Verranno illustrate e individuate le modalità essenziali del rapporto fra due persone con l'ausilio di alcune simulazioni, dalle quali sarà possibile trarre una serie di spunti e riferimenti che riguardano il quotidiano di ognunoTerzo incontro- Le modalità di conferma/rifiuto/disconferma
- Comunicazione e metacomunicazione
- Pugno di ferro vs. proposte relazionali
- L’imposizione del paradosso tramite RS
- Simulazione “L’aggressivo”
E' necessario, quando ci si confronta su questi (e altri) problemi, non perdere di vista la propria relazione con l'immediato esterno, con la nostra sfera affettiva più prossima: ma è molto difficile parlarne utilizzando il discorso diretto.Quarto incontro- Sociogramma “L’ambiente”
- Brainstorming sulle voci del sociogramma
- Valutazioni e considerazioni sui risultati
Si prosegue un cammino che va contemporaneamente in più direzioni: facile è dire che esiste più di un linguaggio, un po' meno verificarlo qui e adesso. Non parliamo poi di vedere se c'è una qualche relazione col vivere quotidiano, nostro e altrui. Ad esempio, ci è mai passato per la testa che come esistono lingue con strutture sintattiche e grammaticali diverse dalla nostra -come l'inglese o il tedesco- anche il linguaggio di chi ci è accanto può essere strutturato diversamente dal nostro, e costruire diversamente da noi i suoi significati? Vengono allora proposti alcuni punti di partenza per la ricerca di una personale pratica di empatia che metta ognuno in condizione di pensare l'Altro come Sé.Quinto incontro- Breve storia dell’evoluzione sociale: cosa ricordate delle vostre famiglie d’origine?
- Il contatto fisico: quante cose sa dire una mano?
- Toccati da un “estraneo”
- Esercitazioni sull’immaginario: quando l’immaginazione ci svela una sconosciuta ovvietà
- Interlocutori o parafulmini?Le disconferme tra le parti in conflitto
- Simulazione “Mi hanno detto che…”
Litigare è un'arte: anche discutere è un'arte. Sembrano tanto simili, ma sono molto diverse, negli scopi come nei metodi, e il bello è che una corretta e democratica discussione può abilmente celare un battibecco da lavandaie, mentre il classico scambio di invettive può rivelarsi la più costruttiva discussione del mese. Quel che le accomuna è che e come tutte le arti necessitano di una certa disponibilità ad esercitarsi. Questo incontro consisterà in una serie di esercitazioni di gruppo sulle strategie di interazione e sul confronto verbale.Sesto incontro- L’Avvocato del Diavolo
- Simulazione “Il Malocchio, ovvero Qui Qualcuno ce l’ha con me”
- Le proposte relazionali: dal baratto all’accettazione (e gestione) dell’emotività
Esercitazioni di gruppo e individuali sulle sfaccettature e i paradossi (e loro possibili conseguenze) del linguaggio verbale, che è uno strumento molto meno addomesticato e addomesticabile di quanto sembri: la diversa organizzazione degli stessi dati, lo scambiare i livelli relazionali, l'introdurre disconferme camuffate da critiche costruttive sono alcune fra le più importanti strategie, e anche le più usate, nel quotidiano gioco dello scambio di informazioni. Le esercitazioni sull'uso e il riconoscimento di queste strategie ha l'obiettivo di aiutare a mantenersi in condizioni di "ascolto attivo" in situazioni a forte connotazione emotiva, esplicita o latente. A conclusione, una serie di valutazioni a proposito degli argomenti affrontati durante tutto l'arco del Laboratorio.Settimo incontro- Le trappole del linguaggio 1: le versioni diametralmente opposte
- Una domanda vecchia: cosa vi aspettate da questo Laboratorio?
- Una domanda nuova: cos’è l’autodifesa?
- Valutazioni dei partecipanti sul percorso finora svolto
Seconda puntata della sintetica esplorazione del campo minato dell'espressione verbale, e inizio di un nuovo settore di attività interna: le simulazioni, innesco essenziale delle situazioni di confronto e discussione all'interno del gruppo, vengono formulate e attuate dai partecipanti stessi dietro supervisione del conduttore degli incontri, intraprendendo il cammino che porta all'autonomia del gruppo dopo la terza fase.Ottavo incontro- Le trappole del linguaggio 2: l’esercizio di stile
- Simulazioni prodotte dai partecipanti
- Il gruppo dei pari come referente per la soluzione dei problemi
Viene approfondito il lavoro sulle simulazioni, contemporaneamente al tentativo di delineare l'identità del gruppo, sia al suo interno che nei suoi possibili (auspicabili!) contatti con l'esternoNono incontro- Simulazioni prodotte dai partecipanti
- Discussione sui come e cosa delle simulazioni
- L’elaborazione delle informazioni all’interno del gruppo dei pari
Si prosegue il cammino intrapreso sulla strada della capacità di produzione autonoma concentrandosi anche sulle possibilità di (delicata) introspezione del gruppo e dei suoi membriDecimo incontro- L’identità possibile: il Paracarro, il Generale, il Manager e altri
- Diritti, doveri, terrori veri e falsi
- Quando il gruppo dei pari si attiva per prevenire gli scontri
Pur essendo un argomento che non sarà certo ignorato durante tutto lo svolgimento del laboratorio, il conflitto tra genitori merita senz'altro un capitolo a sé, a maggior ragione se la situazione di convivenza è instabile o definitivamente compromessa: Proprio l'importanza dell'argomento richiede che i materiali delle simulazioni provengano dal gruppo, anche come test della sua identità.Undicesimo incontro- Ma che fai, mi remi contro? Simulazioni prodotte dai partecipanti sul tema del disaccordo tra genitori conviventi e non
Dall'inizio alla fine dell'attività viene ripetuto fino alla nausea che non esistono "istruzioni per l'uso". E' però ammissibile (e necessario) potersi in qualche modo rifare a linee di condotta, una volta che se ne siano potuti individuare o almeno abbozzare i principi, tenendo però sempre presente che non è il caso di affezionarsi troppo né alle une né agli altri, se si vogliono evitare pessime figure. Anche questo è un piccolo test sull'identità del gruppo, e sulla sua capacità di offrire in prima istanza accoglienza e sostegno a chi si trovi in difficoltà (cosa di per sé non da poco), e in seconda di offrirsi come risorsa per la ricerca degli interventi più adeguati.Dodicesimo incontro- Il Percorso: traduzione del lavoro svolto in indicazioni pragmatiche di comportamento in situazioni di conflitto e/o di crisi
- Questionario finale di valutazione della prima parte del Laboratorio
finalizzato
al superamento di alcune difficoltà relazionali
|
Mi è stato richiesto da un organo collegiale di intervenire allo scopo di agevolare un'evoluzione in positivo all'interno di un gruppo classe caratterizzato da modalità relazionali reciprocamente prevaricatorie e veementi, anche se non totalmente generalizzate. Formulo a tal proposito il seguente piano di intervento articolato in cinque punti, proponendo di utilizzare la zona franca del teatro come terreno neutrale per analizzare ed elaborare assieme ai partecipanti la situazione interna al gruppo, contemporaneamente allo studio delle principali modalità comunicative interpersonali basandosi sull'esperienza diretta dei singoli.
1. Il rapporto con l'Altro
Prendendo spunto da un'aneddotica su alcuni aspetti della propria vita quotidiana preventivamente prodotta dai partecipanti tramite schede questionario anonime, verranno eseguite simulazioni sui diversi "casi possibili" ritenuti emblematici delle dinamiche relazionali all'interno e all'esterno dell'ambiente scolastico. I vissuti e le problematiche emerse durante l'esecuzione di questi role-playing costituiranno il principale campo di indagine e di riferimento per tutta la durata del laboratorio, con l'obiettivo di verificare come, durante il quotidiano dello studente, avvenga la gestione delle relazioni e con quali implicazioni.2. I linguaggi, le domande e le risposte
Studio ed esercitazioni su linguaggio e metalinguaggio (verbale, mimico-facciale, prossemico, gestuale, tonale) e, riferendosi agli scritti di Watzlawick, Beavin e Jackson sulla Pragmatica della Comunicazione Umana, studio e illustrazione delle modalità di conferma/rifiuto/disconferma. Studio ed esercitazioni sulle strategie elementari del linguaggio verbale, e loro significato contenutistico e relazionale.3. L'analisi della situazione: il contatto e il conflitto
Studio teorico e pratico della S.E.C. (Situazione Elementare di Conflitto), secondo L.Strasberg, con esercitazioni su: l'incontro, il contatto, la richiesta, la risposta, la motivazione. Esercitazioni pratiche di "lettura" delle simulazioni secondo lo schema di osservazione desunto dalla S.E.C.4. L'immaginario, l'ideale e il reale
Considerazioni e brainstorming sull'immagine di sé. Il rapporto e la comunicazione tramite stereotipi, e il superamento dello stereotipo mediante l'ascolto attivo: studio delle relazioni con l'ambiente di vita quotidiana e con i compagni di classe, tramite le modalità comunicative che emergono durante le simulazioni.5. Quando è il corpo a parlare
Esercitazioni basate sul contatto fisico, con l'obiettivo di aggirare le barriere e le resistenze opposte tramite la "razionalizzazione selvaggia" dei problemi posti dalla relazione di contiguità tra i partecipanti. Verranno effettuate anche, con lo stesso scopo, sedute di stimolazione dell'immaginario, utilizzando una tecnica teatrale che presenta alcune analogie col training autogeno.I cinque punti che ho sommariamente presentato verranno approfonditi e sviluppati non tanto singolarmente, quanto un'integrazione reciproca e secondo tempi e modi variabili in funzione dell'iter e delle dinamiche interne del gruppo, in una parola della sua identità. Verranno effettuate anche sedute di brainstorming, con l'obiettivo di mappare ed evidenziare l'immaginario del gruppo rispetto alle problematiche via via emergenti, valorizzando e dando spazio al patrimonio esperienziale di ogni partecipante.Per lo svolgimento del laboratorio è necessario avere a disposizione:
- uno spazio sufficientemente ampio da consentire al gruppo di effettuare esercitazioni in movimento, e che comunque non si trovi all'interno dell'aula di uso quotidiano per le lezioni - una lavagna a fogli di carta - sedie per tutti i partecipantisono altresì necessari, per conseguire in modo apprezzabile l'obiettivo richiestomi
- n° 10 incontri di 2 ore a cadenza settimanale - successivi n° 4 incontri di 2 ore a cadenza mensile, per verificare ed analizzare collettivamente eventuali situazioni di crisi verificatesi durante il periodo successivo al laboratorio
UN LABORATORIO
DI COMUNICAZIONE PER VIVERE MEGLIO IL CORSO I.P.
di Fabrizio Bonora e Antonella Padovani (Direttrice
della Scuola per Infermieri Professionali di Imola)
L'avventura ha inizio nel
mese di Maggio del 1995 quando una direttrice in erba modello ottimismo/idealismo
100% decide di incontrare gli studenti di ogni classe per parlare dell'esperienza
vissuta in tirocinio.
Gli studenti con impegno ed entusiasmo
accettano di riempire questo spazio libero per l'espressione del proprio vissuto,
con cartelloni collage costruiti a piccoli gruppi: foto ritagliate da riviste
con significative immagini di scarpe consumate, lavatrice che centrifuga uno
studente, punti interrogativi dipinti su visi incerti, gruppi di giovani in
un verde parco in contrapposizione alla foto dell'ingresso di un policlinico
e stralci di giornate con parole ricorrenti: morte, stress, il dolore, il
conflitto, autonomia, il futuro... , chi sarò?, deprivazione del tempo libero. Il dialogo con gli studenti
si approfondisce e la Direttrice in crisi si rende conto che le ottime performances
degli allievi IP sono costate molto, troppo, dal punto di vista emotivo e
di stress psicofisico.
Il mio obiettivo di Direttrice diventa una scommessa: dobbiamo insieme trovare
il modo per vivere bene il tirocinio raggiungendo, anzi migliorando, le attuali
performances formativo-professionali. Il progetto costruito insieme prevedeva
interventi sull'organizzazione dei tirocini, sulla motivazione e preparazione
del personale dell'equipe di tirocinio, sul tutoring, ma... mancava ancora
qualcosa.
Non mi sentivo completamente soddisfatta, perchè il laboratorio di discussione
sul tirocinio programmato settimanalmente come momento di rielaborazione in
aula dell'esperienza dell'apprendimento "in situazione", mi sembrava utile
a rielaborare saperi e a recuperare performance tecniche, ma difficili da
gestire per rielaborare il saper essere.
L'immagine dell'allievo nella lavatrice centrifugato insieme a paura, dolore,
morte, conflitti, ansia, richieste dei parenti dei pazienti, ecc. E qui e' avvenuto un incontro
fortunato, il classico colpo di fulmine tra un attore e la Scuola Infermieri.
L'attore ci ha proposto alcuni progetti realizzati per un'altra Scuola IP
sulla comunicazione, sul saper essere, sul vissuto personale, sull'immaginario;
abbiamo capito che se si lavorava insieme lui e noi (intendo Direttrice, coordinatori
di sezione, docente di psicologia) si potevano dare agli studenti degli strumenti
e delle abilità per la lettura di sé stessi in azione, per controllare lo
stress, per esprimere e sperimentare l'immaginario, per stare bene con sé
stessi e con gli altri e finalmente... bloccare la lavatrice.
Teatro
e formazione infermieristica: è poi così strano? Mi sento in dovere, prima di presentare l'esperienza alla Scuola IP di Imola, di spendere qualche parola sul percorso che mi ha portato a svolgere l'attività di formatore del personale assistenziale e sanitario, complementarmente a quella di attore: non si è trattato di "diversificare" come succede alle aziende in crisi che impiantano attività tampone per controllare gli esuberi di manodopera, ma di una vera e propria branca del sapere teatrale indirizzata allo specifico in oggetto:quando, |
![]() |
nel '78, iniziai il mio apprendistato di attore, erano molte le esperienze di teatralità all'interno degli Ospedali Psichiatrici che coinvolgevano, anche a livello formativo, il personale in servizio: si trattava, allora, di abbattere tutta una serie di barriere, ideologiche e non, nei rapporti con un'istituzione totale in via di dissolvimento, in un periodo in cui si poteva sparare nel mucchio certi di colpire comunque qualcosa. |
Antonella Padovani (direttrice)
Lucia Bertozzi e Claudia Visani (coordinatrici 3° anno)
Viviana Pelliconi e Ivana Nanni (coordinatrici 1° anno)
Licia Vasta (psicopedagogia)
grazie, per essere mie compagne di viaggio. Un grazie anche a Luciana Castagna, che pur non potendo essere presente ha fortemente incoraggiato l'iniziativa.
La valutazione
I risultati raggiunti?... Per noi gruppo
docenti e personale didattico della Scuola, è stata un'esperienza esaltante:
finalmente un aiuto alle nostre ansie, un punto di riferimento per la gestione
del gruppo classe, un coinvolgimento di tutti per il benessere di tutti.
Per il gruppo classe di 3° anno rappresenta l'esperienza del gruppo dei pari
che possono sostenere il singolo per difendere il proprio ruolo, la propria
professionalità e per superare la frustrazione dello scontro esistente fra
ideale e reale nella socializzazione al lavoro. La valutazione degli studenti è stata
estremamente positiva sia in termini di interesse , coinvolgimento e utilità: "lezioni utili per migliorare il lavoro", "sdrammatizzare...",
"recitare", "discutere insieme", "servono più ore", " il paradosso...", "peccato
che queste lezioni siano arrivate un po' tardi, finalmente qualcuno ci aiuta
e ci fa sperimentare come comportarci con un malato terminale".
Grazie comunque... e in bocca al lupo per le prossime classi.
Gli studenti del 1° anno sperimentale hanno iniziato questo percorso da pochi
mesi, ma il laboratorio di comunicazione nelle loro valutazioni è a tutt'oggi "ottimo come opportunità di sfogo", "spazio liberatorio", "espressione delle
proprie difficoltà in ambiente protetto", "apprendimento dai compagni", "occasione
di dialogo".
E così da quest'anno possiamo dire di avere un formatore "speciale " in più
e di aver costruito insieme agli studenti dei percorsi formativi personalizzati
in un clima di gruppo positivo e rassicurante. E l'avventura è appena all'inizio.