E-Mail

La comunicazione - La relazione d'aiuto e l'ascolto del paziente
Laboratori di aggiornamento o di formazione sulla comunicazione e sui problemi relazionali rivolti agli operatori sociali e sanitari di qualsiasi mansione e livello.

per personale front-office

per infermieri ambulatoriali

per genitori di adolescenti

finalizzato al superamento di difficoltà relazionali in una classe di Istituto Superiore

Cercando Mr. Hyde
stage per operatori dei SERT e di Comunità

Un Laboratorio di Comunicazione per vivere meglio il corso I.P.
articolo pubblicato su Mondo Infermieristico, edizione italiana di Nursing World, rivista dell'ISIRI (International Institute of Nursing Research), edizioni CEREF - Padova, n° 1 del 1996

 

La comunicazione
La relazione d'aiuto e l'ascolto del paziente

Questi laboratori vengono presentati assieme in quanto la complementarietà dei temi è evidente per chiunque (anche se non addetto ai lavori) si soffermi a considerare gli aspetti salienti -dal punto di vista relazionale- delle professioni che implichino rapporti terapeutici di qualsiasi natura.

Ognuno di essi implica necessariamente una serie di riferimenti agli altri due: la differenza è nel dove si vada a porre l’accento, a seconda del contesto operativo e delle caratteristiche stesse degli operatori, nonché degli obiettivi che la committente intenda perseguire.

In una decina di incontri della durata di tre/quattro ore, congiuntamente a uno studio teorico e pratico dei fondamenti della comunicazione secondo Watzlawick costruendo simulazioni di situazioni problematiche costruite attraverso i vissuti professionali dei partecipanti, si incomincia a costruire un gruppo dei pari che sia in grado -una volta terminato il laboratorio- di farsi carico dei sempre nuovi problemi ed esperienze dei membri del gruppo stesso, attraverso un successivo training da praticare su tempi e scadenze a lungo termine.

 

CORSO DI AGGIORNAMENTO SULLA COMUNICAZIONE PER IL PERSONALE FRONT-OFFICE

Primo incontro

- simulazione "La richiesta impossibile"
- analisi dell'accaduto
- richiesta esplicita/richiesta occulta
- esercizi di incontro: prime microsituazioni
- introduzione al Metodo Strasberg
- evidenziazione delle capacità comunicative non verbali
- prime considerazioni su linguaggio e stereotipo
- stereotipi, strutture e megastrutture aziendali

In questo incontro sono stati esemplificati alcuni stereotipi relazionali individuali e di gruppo, illustrando come essi tendano a negare complessità e molteplicità, nei rapporti come nelle strutture. Sono stati inoltre illustrati alcuni elementari moduli di comunicazione non verbale, e alcune microsituazioni di conflitto.

Secondo incontro

- completamento degli esercizi di incontro
- illustrazione di RS e RE, e delle loro implicazioni emotive
- simulazione "La prassi scavalcata": variazioni in funzione di RS e RE
- analisi dell'accaduto e dei vissuti
- verifiche stereotipo/conoscenza
- le 10 parole dell'Utente
- le 5 parole dell'Utente Fetente
- le 5 parole di Sant'Utente
- le 10 parole dell'Operatore
- le 5 parole dell'Operatore Cattivo
- simulazione "Quando il Buono e il Cattivo si incontrano"
- considerazioni sul rapporto tra mansioni, funzione e stereotipo del p/u e dell'operatore

E' stato fatto uno studio sui "rapporti di forza" e su come influenzino anticipatamente le relazioni fra i soggetti, e di come la comunicazione metta bene in evidenza le caratteristiche di tali rapporti, anche quando non sono espliciti, rendendoli osservabili dall'esterno. Prima ricerca sullo stereotipo di un soggetto esterno: l'Utente. E' stato possibile evidenziare che il comportamento dell'utente varia con ben precise costanti, ricavabili dal contesto formato dal tipo di problema di cui è portatore, dalla prestazione richiesta e dalla possibilità di contrattarne o meno l'erogazione: di conseguenza, operatori che da molto tempo lavorano presso lo stesso reparto hanno un'idea di utente diversa da quella di chi lavora in un altro. Il verificare l'esistenza di tale "pregiudizio a determinazione ambientale" è stato uno dei primi passi verso una relativizzazione dell'opinione dei singoli.

Terzo incontro

- sociogramma "L'ambiente di lavoro"
- valutazione dei risultati: considerazioni sulle relazioni tra i gruppi componenti l'ambiente di lavoro
- brainstorming: "Le parole dei soggetti dell'ambiente lavorativo"
- le relazioni emergenti
- l'autoimmagine, gli stereotipi, i colpevoli, gli innocenti
- processo all'imputato e processo ai processi

L'utilizzo del sociogramma ha consentito la messa in evidenza di diversi e contraddittori atteggiamenti nei confronti dell'ambiente "al di qua dello sportello". Il successivo brainstorming sulle singole voci in esame ha messo ulteriormente in luce diversi aspetti di tali rapporti, soprattutto nei confronti di medici e dirigenti. In particolare si è poi approfondito il concetto di "emergente" e sulla sensatezza o meno, all'interno di una grande struttura aziendale o sociale, del cercare innocenti e colpevoli vs. una analisi dei processi che portano al compiersi di eventi negativi, disfunzioni, ecc., e di come la comunicazione, in questi casi, presenti specifiche caratteristiche.

 

Quarto incontro

- comunicazione e metacomunicazione
- simulazioni su conferma/rifiuto/disconferma
- considerazioni su relazioni individuali e tra gruppi, riferite alle analisi sull'ambiente di lavoro
- simulazione "L'Avvocato del Diavolo"
- simulazione "Il processino in Direzione Sanitaria"
- considerazioni sulla conoscenza reale della propria figura professionale, del proprio ambiente di lavoro, della struttura organizzativa e del suo funzionamento
- considerazioni su identità professionale assente, misconoscenza ambientale e conseguenze relazionali e comunicative

Durante questo incontro sono state precisate le tre fondamentali dinamiche comunicative, riferendole sia all'ambito personale che a quello gruppale e intergruppale. In seguito si è iniziato un lavoro di verifica della conoscenze reali e degli stereotipi e pregiudizi rispetto all'ambiente di lavoro, particolarmente diretto al rapporto con la Direzione. E' risultata una conoscenza alquanto approssimativa dell'insieme, compresa la propria identità professionale: è venuto quindi spontaneo considerare quanto la mancanza di informazioni renda difficoltoso e soggetto ad errori il comunicare, e le implicazioni emotive che ne derivano. Quinto incontro -l'utopia possibile: ricerca in gruppi sui propri bisogni, su quelli della struttura e su quelli della Direzione - classificazione dei bisogni - discussione delle analisi dei gruppi E' stata fatta una serie di ricerche di identità tramite i bisogni, con l'obiettivo di evidenziare possibilità e incompatibilità. Identificare tramite i bisogni consente di vedersi "dall'esterno" senza farsi troppo condizionare dal proprio stato emotivo: analoga operazione si può fare nei confronti di interlocutori che, a torto o a ragione, siano considerati poco attendibili.

Sesto incontro

- termina la classificazione dei bisogni
- discussione sulle funzioni degli organismi rappresentativi in relazione all'identità professionale
- sindacato sì o sindacato no?

A questo punto era necessario parlare di quel ben radicato soggetto che è il sindacato, croce e delizia dei lavoratori dipendenti e -mi si consenta- anche di sé stesso. Discussione vivacissima, che ha ulteriormente evidenziato le carenze comunicative e la scarsa circolazione delle informazioni in merito, e quindi il supplemento di difficoltà e di carica emotiva.

Settimo incontro

- il dirigente: com'è e come dovrebbe essere
- ideazione di un corso di formazione per un primario
- considerazioni su identità professionale e possibilità di interazione scevre da stereotipi
- ideazione di formazione e aggiornamento del personale amm.vo di reparto e F.O.
-responsabilizzare vs. ordinare: le rispettive dinamiche relazionali e comunicative, e le loro implicazioni emotive e formative

Questo incontro si prefiggeva l'obiettivo di utilizzare le informazioni dai singoli vissuti professionali, scartandone la connotazione emotiva, per fare un "viaggio" all'interno dei problemi che un dirigente, un primario e un collaboratore amministrativo possono incontrare e che devono essere messi in condizione di risolvere, ognuno nel suo specifico ambito di competenza, tramite un progetto di formazione di queste figure professionali, basato sulla ricerca e sull'analisi dei bisogni.

Ottavo incontro

- le trappole del linguaggio
- lo "sporco trucco" e il suo meccanismo comunicativo
- stravolgimento del significato di una stessa informazione o gruppo di informazioni ottenendo significati opposti: esercitazioni pratiche

Nono incontro

-le trappole del linguaggio 2
- l'esercizio di stile
- l'informazione nei passaggi soggetto- oggetto: esercitazione pratica
- la strategia dello scambio di livello

Lo strumento del linguaggio verbale è molto meno addomesticato e addomesticabile di quanto sembri: la diversa organizzazione degli stessi dati, lo scambiare i livelli relazionali, l'introdurre disconferme camuffate da critiche costruttive sono alcune fra le più importanti strategie, e anche le più usate, nel quotidiano gioco dello scambio di informazioni numeriche e analogiche. La serie di esercitazioni sull'uso e il riconoscimento di queste strategie ha l'obiettivo di aiutare a mantenersi in condizioni di "ascolto attivo" in situazioni a forte connotazione emotiva, esplicita o latente.

Decimo e undicesimo incontro

- organizzare un pensiero è creare l'identità
- lavori del gruppo per la sintesi del percorso svolto
- produzione di uno schema finale

Riesaminare il percorso e produrre uno schema ha l'obiettivo di organizzare la memoria di ciò che è stato fatto rivedendo anche le prime esperienze fatte durante il corso alla luce di quello che si è imparato più di recente, e di uscire dall'ambito del meramente episodico per toccare con mano quali nuove diverse strutture di analisi si possano utilizzare per capire e affrontare le proprie situazioni professionali, abbandonando stereotipi di causa-effetto relazionali e comunicativi, e cercando la "giusta distanza" fra identità personale e identità professionale.

Dodicesimo incontro

- incontro congiunto dei 3 gruppi
- confronti di schemi e progetti
- esercitazione pratica: si affronta il problema del nuovo referente dei collaboratori amministrativi

Durante quest'ultimo incontro i tre gruppi, congiuntamente, hanno fatto una sorta di "esercitazione pratica", analizzando le possibili dinamiche e risposte inerenti al cambio di referente, innovazione vissuta come un'ennesima disconferma da parte della D.S. Notevole è stato lo sforzo di superare il sentimento di frustrazione per andare a cercare non solo le migliori strategie di rapporto, ma anche di verifica del problema, per vedere se è il cambio in sé a generare un malcontento su cui si innestano aspettative di rapporto in negativo, o se in questo sentimento è la negatività generale del rapporto con la struttura aziendale a generare fantasmi più o meno catastrofici.

 

CONSIDERAZIONI FINALI

Sin dal primo incontro ho avuto l'impressione, pienamente confermata in seguito, che il personale con cui avevo a che fare, per caratteristiche dovute a) alle disparate provenienze -vedi il riciclaggio del personale da situazioni dismesse - b) all'eterogeneità degli interlocutori c) a una sorta di indecidibilità dell'identità professionale, vivesse in un'aura di rancore diffuso la propria situazione di lavoro, senza però andare oltre nell'analisi della stessa.
Come inevitabile complementarietà a tale risentimento, un'immagine del proprio ruolo professionale decisamente parziale, con connotazioni vittimistiche, spesso in contraddizione con il desiderio, peraltro legittimo, di realizzarsi in maniera soddisfacente nello svolgimento delle proprie mansioni, al servizio del pubblico, del personale medico e paramedico, in una situazione aziendale in via di trasformazione che, in quanto tale, non può non generare una certa ansia per il futuro.

Ciò non toglie comunque nulla al fatto che la "distanza dai valori aziendali", vero nodo da affrontare tramite il corso, sia un problema assai più datato della trasformazione aziendale in oggetto, come altrettanto datate ed articolate sono le analisi sul burn-out, sulla motivazione, sull'organizzazione, e di ognuna di queste le tendenze, le impostazioni e le implicazioni.
Con tutto il doveroso rispetto per il fondamentale lavoro che altri hanno svolto e svolgono, ho preferito utilizzare al massimo il rapporto diretto con le persone e con il loro vissuto lavorativo, con il loro quotidiano, per cercare di capire e far capire quali relazioni esistano fra esse ed il loro ambiente di lavoro, e come tali relazioni si possano evidenziare rapidamente tramite lo studio delle dinamiche comunicative.

A cosa può servire uno studio del genere? Sostanzialmente a verificare se i modelli di riferimento di queste relazioni, così contraddittorie come si presentano, sono veritieri o parzialmente o totalmente falsi, e quale sia la diffusione e l'importanza di tali stereotipi nel predeterminare le relazioni fra i soggetti, sia a livello personale che tra gruppi omogenei. E' un lavoro assai delicato portare qualcuno alla verifica delle proprie opinioni senza urtarne la suscettibilità, facendo soprattutto in modo da far nascere dubbi e discussioni all'interno del gruppo di lavoro senza manipolare alcuna informazione, alcun dato.

Era d'altra parte fondamentale una verifica a 360° delle informazioni sul proprio ambiente lavorativo a disposizione di ognuno: il quadro di incompletezza risultante da ciò che veniva a volte proposto come un'inconfutabile verità è stato il primo passo verso una revisione non solo di concetti e opinioni ma anche dell'atteggiamento nei confronti del pubblico, dell'entità aziendale e dell'identità professionale.
Tuttavia questo revisionare non era tanto il fine, quanto un mezzo, un'esercitazione pratica in cui si impiegava l'osservazione delle dinamiche comunicative durante le manifestazioni del quotidiano, con l'intento di fare un viaggio nella realtà aziendale vista da un'angolazione meno parziale, più ricca, di quella solitamente usata.
Conoscere e accettare tale complessità come frutto della storia di un ambiente partecipato in prima persona, e non come il parto diabolico di un'entità persecutoria ha posto le basi per elaborare e arricchire ulteriormente questa posizione, iniziando una riflessione/osservazione del proprio "sé aziendale", su quali bisogni e possibilità si potevano estrapolare in relazione all'ambiente di lavoro, ai colleghi, agli utenti.

Ciò ha senz'altro giovato, e in tempi relativamente brevi, alla disponibilità nei confronti del pubblico, ma pur mitigandolo non ha certamente estirpato un atteggiamento pregiudizialmente negativo nei confronti della dirigenza: questione alquanto spinosa che meriterebbe, a mio avviso, una serie di analisi e riflessioni più articolate e approfondite di quanto in questo breve scritto sia possibile fare. Trovo comunque significativo che la necessità di tale discussione sia stata più volte espressa dai corsisti, che se da un lato vivono questo antagonismo come valvola di sfogo dei propri malumori (cosa tra l'altro assai comune), dall'altro hanno potuto rendersi conto di che limitazioni esso ponga, caricando emotivamente qualsiasi episodio e trasformandolo da possibile confronto in sicuro scontro, pregiudicando ogni possibile evoluzione in positivo.

Alcune strade sono aperte, dunque, e un'aspettativa è innescata, per verificare se queste "attenzioni" (leggi "corsi di aggiornamento") sono un segno evolutivo o un gioco alla panacea che mascheri tutti i mali, lasciando il complesso più o meno invariato: trovo quindi della massima importanza non smentire questi segnali positivi, rinforzando i segnali di attenzione e di ascolto. Carico senz'altro oneroso specialmente nella situazione attuale, ma indispensabile per attivare una comunicazione "sana", accettabilmente scevra da pregiudizi e irrigidimenti gratuiti tra base e vertice, naturale complemento e supporto di una concreta e non formale partecipazione ai valori e agli obiettivi aziendali.

 

CORSO DI AGGIORNAMENTO SULLA COMUNICAZIONE PER IL PERSONALE INFERMIERISTICO AMBULATORIALE

Durante il corso, che si svolgerà in 10 incontri a cadenza settimanale della durata di 4 ore ciascuno per ogni gruppo di corsisti, verrà svolto un lavoro di ricerca, messa in evidenza e discussione delle problematiche inerenti, dal punto di vista relazionale e comunicativo, ai temi che verranno sinteticamente illustrati qui a seguito. Il rapporto col paziente e con l'ambiente di lavoro
Prendendo spunto da un'aneddotica sulla propria vita professionale prodotta dai partecipanti, verranno eseguite simulazioni sui diversi "casi possibili" ritenuti emblematici delle dinamiche relazionali operatore/paziente e operatore/operatore. I vissuti e le problematiche emerse durante l'esecuzione di questi role-playing costituiranno il principale campo di indagine e di riferimento per tutta la durata del corso, con l'obiettivo di verificare come, durante il quotidiano dell'IP, avvenga la gestione della relazione d'aiuto e con quali implicazioni.

L'analisi della situazione: il contatto e il conflitto

Studio teorico e pratico della S.E.C. (Situazione Elementare di Conflitto), secondo L.Strasberg, con esercitazioni su: l'incontro, il contatto, la richiesta, la risposta, la motivazione. Esercitazioni pratiche di "lettura" delle simulazioni secondo lo schema di osservazione desunto dalla S.E.C.

I linguaggi, le domande e le risposte

Studio ed esercitazioni su linguaggio e metalinguaggio (verbale, mimico-facciale, prossemico, gestuale, tonale) e, riferendosi agli scritti di Watzlawick, Beavin e Jackson sulla Pragmatica della Comunicazione Umana, studio e illustrazione delle modalità di conferma/rifiuto/disconferma. Studio ed esercitazioni sulle strategie elementari del linguaggio verbale, e loro significato contenutistico e relazionale.

L'immaginario, l'ideale e il reale

Valutazione e verifica dell'autoimmagine professionale. Il rapporto e la comunicazione tramite stereotipi, e il superamento dello stereotipo mediante l'ascolto attivo: studio delle relazioni con l'ambiente di lavoro e con i pazienti, tramite le modalità comunicative che emergono durante le simulazioni.

Quando è il corpo a parlare

Esercitazioni basate sul contatto fisico, con l'obiettivo di aggirare le barriere e le resistenze opposte tramite la "razionalizzazione selvaggia" dei problemi posti dalla relazione d'aiuto.
Verranno effettuate anche, con lo stesso scopo, sedute di stimolazione dell'immaginario, utilizzando una tecnica teatrale che presenta alcune analogie col training autogeno.

I cinque punti che ho sommariamente presentato verranno approfonditi e sviluppati non tanto singolarmente, quanto un'integrazione reciproca e secon-do tempi e modi variabili in funzione dell'iter e delle dinamiche interne del gruppo, in una parola della sua identità.
Verranno effettuate anche sedute di brainstorming, con l'obiettivo di mappare ed evidenziare l'immaginario del gruppo rispetto alle problematiche via via emergenti, valorizzando e dando spazio al patrimonio esperienziale di ogni partecipante.

Per il corretto svolgimento del corso è indispensabile avere a disposizione:

- una grande aula sgombra dai banchi
- sedie per tutti i partecipanti - una lavagna
- uno o due tavoli di media grandezza
- un lettino per visite ambulatoriali
- materassini ginnici per tutti i partecipanti

Si raccomanda inoltre che ogni gruppo di corsisti non superi in nessun caso le 15 unità. Allego una scheda questionario che va distribuita a tutti i partecipanti almeno 25-30 gg prima dell'inizio del corso e che mi deve essere riconsegnata due settimane prima di incominciare gli incontri.

IL PERCORSO

Primo incontro

- Presentazione e domanda: cosa vi aspettate da questo corso?
- Spiegazione delle regole della simulazione
- Simulazione "La richiesta impossibile"
- Analisi dell'accaduto: cosa è successo, cosa doveva succedere, come farlo succedere

Secondo incontro

- RS ed RE: il sociale, l'emotivo, la contrattualità intra ed extraspecifica
- La lettura della contrattualità attraverso le modalità comunicative
- Simulazione "La prassi scavalcata"
- Azioni e reazioni durante il conflitto: costi e ricavi in guerra e in pace

Terzo incontro

- Simulazione "Il paziente aggressivo"
- Pugno di ferro vs. proposte relazionali
- Le modalità di conferma/rifiuto/disconferma
- Comunicazione e metacomunicazione
- L'imposizione del paradosso tramite RS

Quarto incontro

- Sociogramma "L'ambiente di lavoro"
- Brainstorming sulle voci del sociogramma
- Valutazioni e considerazioni sui risultati
-Esercitazioni sull'immaginario: quando l'immaginazione ci svela una sconosciuta ovvietà

Quinto incontro

- Simulazione "Il malocchio"
- Le proposte relazionali: dal baratto all'accettazione e gestione dell'emotività del paziente e dell'operatore
- Il contatto fisico: quante cose sa dire una mano?
- Toccati da un estraneo

Sesto incontro

- Le trappole del linguaggio 1: le versioni diametralmente opposte
- Una domanda vecchia: cosa vi aspettate da questo corso?
- Una domanda nuova: cos'è l'autodifesa?
- Valutazioni dei corsisti sul percorso finora svolto

Settimo incontro

- Le trappole del linguaggio 2: l'esercizio di stile
- Simulazioni prodotte dai corsisti

Ottavo incontro

- L'Avvocato del Diavolo
- Simulazioni prodotte dai corsisti
- La circolazione delle informazioni tramite il gruppo dei pari
- Interlocutori o parafulmini? Le disconferme tra base e vertice

Nono incontro

- L'identità professionale e l'Azienda Ospedaliera
- Diritti, doveri, terrori veri e falsi
- Le interazioni base-base e base-vertice
- Quando il gruppo dei pari si attiva per prevenire gli scontri
- Breve (e dolente) storia dell'evoluzione sindacale

Decimo incontro

- Indagine ed esercitazione pratica su margini di rischio, conoscenza e misconoscenza degli interlocutori
- Il Percorso: traduzione del lavoro svolto in indicazioni pragmatiche di comportamento in situazioni di conflitto e/o di crisi
- Questionario finale di valutazione del Corso

 

CONSIDERAZIONI FINALI

E' praticamente inevitabile, quando si lavora con le tematiche di lavoro degli operatori sanitari, un coinvolgimento a 360 gradi dei vissuti professionali e personali, e delle forti implicazioni emotive che, come animali in trappola, cercano con molta energia e poco costrutto di trovare una via d'uscita, andando ad alimentare quella malcelata animosità di fondo che caratterizza, da sempre, la condizione della maggioranza dei lavoratori dipendenti: nulla da eccepire sul fatto che sia storicamente ed ambientalmente giustificata, ma non è difficile sollevare obiezioni sulla sua attuale incompatibilità con un "pensiero operativo", vale a dire con la ricerca di soluzioni che economizzino al massimo gli scontri frontali base-vertice con tutto vantaggio delle parti che compongono, nel nostro caso, la realtà del servizio sanitario, utenza compresa.
D'altra parte, un Corso sulla Comunicazione non può servire ad insegnare "trucchi" per zittire il prossimo con l'eleganza e l'imprevedibilità di un colpo di judo, cosa che invece un buon numero di corsisti si attendeva: mi è stato esplicitamente richiesto di insegnare un metodo per "ribellarsi senza rischiare sanzioni", "insultare senza che sembri un insulto", "pareggiare i conti con i superiori dimostrando di aver ragione", "ridurre al silenzio i pazienti aggressivi e gli scocciatori".
Tutto sommato non c'era nulla di inatteso, in queste richieste: sono stato invece piacevolmente sorpreso dalla grande curiosità e voglia di imparare e confrontarsi espressa dalla quasi totalità dei partecipanti, che (a malincuore) rinunciando a propositi di vendetta hanno iniziato sin dal primo incontro ad esprimersi vivacemente sulle tematiche proposte da me nella prima metà dei lavori, e poi da loro, con un buon livello di autonomia, nella seconda.

Perché questo accadesse ho utilizzato i primi sei incontri per un'illustrazione didattica di elementi e funzioni della comunicazione, parallelamente alla trattazione di specifici conflitti che si verificano nell'esercizio della professione infermieristica: conflitti di coscienza, etici, pragmatici, dei quali ogni corsista poteva parlare in totale libertà, tenendo contemporaneamente d'occhio i significati e le implicazioni del proprio agire e sentire in relazione al gruppo dei colleghi, ai pazienti, ai dirigenti e al complesso aziendale
. Vi sono stati momenti di forte intensità (anche emotiva), che mi hanno confermato, se mai ce ne fosse stato bisogno, le notevoli potenzialità inespresse e il grande bisogno di uscire dalla parcellizzazione di queste persone. Appare contraddittorio parlare di isolamento in una realtà aziendale numericamente rilevante come il S.Anna, eppure (e neanche questa è una novità) operatori che da anni vi lavorano hanno una conoscenza molto superficiale sia dei colleghi, sia della struttura che del suo funzionamento e della sua regolamentazione interna: in più occasioni sono emersi problemi vecchi di anni, che hanno trovato accoglienza e risoluzione tramite i contributi di esperienza e conoscenza della discussione in gruppo.

E' stato quindi senza scosse il passaggio ai temi proposti dai partecipanti, che hanno utilizzato gli spazi di discussione per cercare, se non soluzioni, almeno informazioni ed impostazioni corrette riguardo ai problemi di servizio, di rapporto con l'utenza e con l'ambiente di lavoro.
Questo processo di ricerca di informazioni attraverso l'ascolto attivo, l'attenzione continua, l'utilizzo corretto degli schemi di riferimento, la ricerca dell'interlocutore appropriato, il rifiuto dello stereotipo, l'osservazione di sé e degli altri, costituisce l'obiettivo del corso: non è un metodo per vincere i confronti, è un diverso porsi rispetto ai problemi propri e altrui che consente una risposta personalizzata in entrambi i sensi, e al tempo stesso osservante delle regole della civile convivenza.
Quanto questo obiettivo sia stato raggiunto e quanto abbia già influito sulle prassi di servizio lo si può desumere dai questionari di valutazione del corso (che allego a questo breve scritto) compilati dai partecipanti durante l'ultimo incontro: significativo è osservare come, spontaneamente, alcuni propongano una verifica dell'efficacia delle indicazioni comportamentali a distanza di qualche mese, tramite valutazioni e riscontri da fare in gruppo: è un segnale importante di una ricerca di identità professionale saldamente integrata con la propria sfera personale, salva da pericolose confusioni senza rinunciare alle proprie individuali risorse non solo per ciò che riguarda la relazione d'aiuto con i pazienti, ma tenendo in considerazione il sostegno e l'attenzione verso i colleghi, e più in generale alle persone che si trovano a condividere l'attuale doppio carico dovuto alla quotidiana prassi lavorativa e alle trasformazioni aziendali in atto, queste ultime generatrici di particolari e difficilmente arginabili stati di ansia.

Può far sorridere questo aspetto, ma invito lo staff dirigenziale a non sottovalutarne le possibili (e non certo positive) implicazioni comportamentali per gli operatori, che seppure corresponsabili della diffusa cortocircuitazione informativa dovuta (anche) a decenni di delega in bianco a organizzazioni sindacali più o meno credibili, meritano di essere correttamente e tempestivamente informati di tutto ciò che li riguarda, di poter agevolmente individuare e incontrare interlocutori adeguati ai bisogni di cui siano portatori, di non dover rincorrere notizie fantasma utilizzabili poi ad arte a scopi pseudoterroristici da chiunque abbia interesse a farlo.

A mio avviso, per non disperdere i risultati ottenuti, è necessario da un lato istituire appositi e preparati referenti per l'informazione aziendale, dall'altro seguitare a prendersi cura degli operatori dal punto di vista formativo relazionale, in modo da rinforzare e confermare il segnale di attenzione nei loro confronti dato con questo Corso sulla Comunicazione e con quello precedente, indirizzato al personale front-office e tenutosi dal gennaio all'aprile '95.

Impegno senza dubbio oneroso, ma indispensabile per attivare su più lati una comunicazione che allontani lo stereotipo e il pregiudizio come unici riferimenti rispetto all'universo aziendale e alle modalità di prestazione ed erogazione dei servizi, obiettivo raggiungibile non con la bacchetta magica, ma con una costante attenzione, oltre che ai numeri, alle persone.

 

 

Cercando mr. Hyde

stage per operatori del SERT e di Comunità

Questo stage non può essere definito “istruttivo”, nel senso che l’obiettivo che ci si pone ha ben poco a che vedere con un insieme più o meno vario di nozioni, comportamenti o strategie possibili che venga insegnato allo scopo di affrontare situazioni particolari: si tratta, piuttosto, di un momento di riflessione e di ascolto dei propri sentimenti e delle proprie sensazioni rispetto ai mille disastrosi vissuti con cui ogni giorno un operatore si deve confrontare e che deve far convivere con le mille esigenze del servizio quotidiano, spesso a scapito di sé non tanto per una predestinazione al sacrificio quanto perché questi spazi di riflessione raramente vengono concepiti e poi pensati come necessari.

Si preferisce, di solito, appoggiare i propri malesseri su una lenitiva coltre di stampo fideistico, sull’autocommiserazione, sul distacco “da-professionista-che-non-si-fa-coinvolgere”, sulle priorità organizzative e quant’altro. I risultati possibili vanno dal burn-out in poi, senza che questi malesseri vengano riconosciuti come tali e venga loro riconosciuta una cittadinanza.

Non credo esista un metodo in grado di diagnosticare e prescrivere una terapia per questi disagi: esistono però le persone e il loro insopprimibile desiderio di equilibrio, di condivisione, di non restare sole. Questo stage, non offrendo insegnamenti diretti e applicabili, offre però un inatteso spazio e legittima cittadinanza a sentimenti e grumi di pensiero che non possono o non vogliono essere altro, almeno per il momento.

Le tecniche miste di evocazione e azione fisica, voce e contatto presentano un grado di coinvolgimento e un’orchestrazione progressiva studiate per presentare di volta in volta spazi di accoglienza e provocazioni che non significano in nessun caso “prendere o lasciare”: al contrario stimolano una diversa attenzione ai propri vissuti e a quelli di chi condivide gli stessi spazi, sia esso un collega o un utente.

Svolgimento in tre incontri mattutini consecutivi, della durata di quattro ore ciascuno per gruppi di 7 - 10 persone, e tre incontri di verbalizzazione, commento ed elaborazione dei vissuti in orario pomeridiano della durata di 90 minuti ciascuno.

Orari: preferibilmente al mattino.

Abbigliamento: tuta ginnica, pantaloni corti e maglietta. Scarpe ginniche o per danza. Niente gioielli (orecchini, catenelle, ecc.) né orologi.

E’ richiesta la lettura preventiva de “Lo strano caso del dr. Jekill e mr. Hyde” di R.L. Stevenson: ogni partecipante dovrà ricercare e indicarne le frasi a suo avviso più significative.

 

 

Questo laboratorio si prefigge l’obiettivo di creare, con un lavoro che venga a coprire l’arco di circa 18 mesi, una importante risorsa per la prevenzione del disagio adolescenziale e -complementarmente- genitoriale: si continua a pensare al giovane come unico portatore di disagio, quando si renderebbe necessaria un’ottica più globale che tenga conto anche delle difficoltà, timori e/o fantasmi che popolano l’esperienza di genitore specialmente in questo periodo di trasformazioni profonde e spesso traumatiche caratterizzanti l’adolescenza dei figli.

Prima fase

 

 

Per la realizzazione dei punti 1 e 2 necessitano di un minimo di 12 incontri della durata di 3 ore a cadenza settimanale: per il punto 3 necessitano almeno 3 incontri, sempre a cadenza settimanale ai quali farne seguire altri 2, con i soli membri del gruppo genitoriale, durante i quali lavorare sui vissuti, sulle osservazioni e sulle emozioni di ognuno dei partecipanti, con l’obiettivo di trarre dal percorso compiuto una serie di indicazioni comportamentali per gestire le situazioni di conflittualità.

Sono requisiti fondamentali per il buon andamento del Laboratorio:

- una frequenza assidua

- la presenza di un solo genitore per ogni coppia

 

Seconda fase

Durante una serie di 20 incontri a cadenza quindicinale verrà avviata la pratica di un gruppo di riferimento e discussione aperto, al quale in seguito potranno rivolgersi altri genitori di adolescenti che sentano il bisogno di condivisione e confronto della loro esperienza, con l’obiettivo di fare di questo gruppo una risorsa permanente per il territorio: è ovvio che il gruppo dovrà comunque poter contare almeno in questa fase anche sulla presenza di una qualificata e competente figura esterna, in grado di favorire e mantenere quest’ultimo passaggio.

 

Percorso dei punti 1 e 2 della prima fase

 

Presentazione

- Cosa vi aspettate da questo laboratorio?

- Questionario di adesione

Presentazione delle attività e degli argomenti trattati, e colloquio con i presenti sui problemi che nascono dall'evoluzione (o è meglio dire rivoluzione?) dei rapporti all'interno della famiglia dovuti alla crescita dei figli. Alle persone che decideranno di aderire all'iniziativa verrà sottoposto un questionario preliminare allo scopo di ottimizzare il lavoro futuro.

Primo incontro

-Stereotipi, uso e abuso: quando il salvagente ti fa affondare

- Spiegazione delle regole della simulazione

- Simulazione “La richiesta impossibile”

- Analisi della simulazione: cosa è successo, cosa doveva succedere. E come farlo succedere?

Alcuni spunti di riflessione e confronto su una serie di categorie di pensiero e sull'inadeguatezza di determinati comportamenti e atteggiamenti, visti anche attraverso le prime situazioni simulate. Sarà possibile vedere che c'è una bella differenza fra il parlare di situazioni solamente immaginate (e quindi costituite da parole) e l'esprimersi su qualcosa che -anche se immaginario- è appena accaduto sotto i nostri occhi.

 

Secondo incontro

- Microsituazioni di conflitto e strategie comunicative

- La Relazione Sociale (RS), la Relazione Emotiva (RE), la Contrattualità

- La lettura della contrattualità attraverso le modalità comunicative: quanto valgono 10 Euro?

- Simulazione “La prassi scavalcata”

- Azioni e reazioni durante il conflitto: costi e ricavi in guerra e in pace

Prime analisi e letture "dal vero" dei comportamenti nelle situazioni conflittuali, delle strategie e delle tattiche. Uno studio sui "rapporti di forza" e su come influenzino anticipatamente le relazioni fra i soggetti, e di come la comunicazione metta bene in evidenza le caratteristiche di tali rapporti (anche quando non sono espliciti) rendendoli osservabili dall'esterno. Anche una vecchia canzone come Teresa non sparare può dare delle ottime indicazioni in merito, e introdurre il concetto di contrattualità.

 

Terzo incontro

- Le modalità di conferma/rifiuto/disconferma

- Comunicazione e metacomunicazione

- Pugno di ferro vs. proposte relazionali

- L’imposizione del paradosso tramite RS

- Simulazione “L’aggressivo”

Si approfondisce lo studio fatto durante l'incontro precedente. Verranno illustrate e individuate le modalità essenziali del rapporto fra due persone con l'ausilio di alcune simulazioni, dalle quali sarà possibile trarre una serie di spunti e riferimenti che riguardano il quotidiano di ognuno

 

Quarto incontro

- Sociogramma “L’ambiente”

- Brainstorming sulle voci del sociogramma

- Valutazioni e considerazioni sui risultati

E' necessario, quando ci si confronta su questi (e altri) problemi, non perdere di vista la propria relazione con l'immediato esterno, con la nostra sfera affettiva più prossima: ma è molto difficile parlarne utilizzando il discorso diretto. In molti casi non esiste un termine che renda l'idea complessiva di una relazione, di un sentimento, o di una sensazione: è comunque un ostacolo che si può aggirare tramite alcuni giochi di gruppo, avendo inoltre modo di non doversi trovare nel comprensibile imbarazzo dato dall'esporsi su cose così delicate e personali. Potremmo intitolare questo incontro con un termine misterioso come La semiseria esplorazione dell'esodermico: ma sarà poi così misterioso?

 

Quinto incontro

- Breve storia dell’evoluzione sociale: cosa ricordate delle vostre famiglie d’origine?

- Il contatto fisico: quante cose sa dire una mano?

- Toccati da un “estraneo”

- Esercitazioni sull’immaginario: quando l’immaginazione ci svela una sconosciuta ovvietà

- Interlocutori o parafulmini?Le disconferme tra le parti in conflitto

- Simulazione “Mi hanno detto che…”

Si prosegue un cammino che va contemporaneamente in più direzioni: facile è dire che esiste più di un linguaggio, un po' meno verificarlo qui e adesso. Non parliamo poi di vedere se c'è una qualche relazione col vivere quotidiano, nostro e altrui. Ad esempio, ci è mai passato per la testa che come esistono lingue con strutture sintattiche e grammaticali diverse dalla nostra -come l'inglese o il tedesco- anche il linguaggio di chi ci è accanto può essere strutturato diversamente dal nostro, e costruire diversamente da noi i suoi significati? Vengono allora proposti alcuni punti di partenza per la ricerca di una personale pratica di empatia che metta ognuno in condizione di pensare l'Altro come Sé.

 

Sesto incontro

- L’Avvocato del Diavolo

- Simulazione “Il Malocchio, ovvero Qui Qualcuno ce l’ha con me”

- Le proposte relazionali: dal baratto all’accettazione (e gestione) dell’emotività

Litigare è un'arte: anche discutere è un'arte. Sembrano tanto simili, ma sono molto diverse, negli scopi come nei metodi, e il bello è che una corretta e democratica discussione può abilmente celare un battibecco da lavandaie, mentre il classico scambio di invettive può rivelarsi la più costruttiva discussione del mese. Quel che le accomuna è che e come tutte le arti necessitano di una certa disponibilità ad esercitarsi. Questo incontro consisterà in una serie di esercitazioni di gruppo sulle strategie di interazione e sul confronto verbale.

 

Settimo incontro

- Le trappole del linguaggio 1: le versioni diametralmente opposte

- Una domanda vecchia: cosa vi aspettate da questo Laboratorio?

- Una domanda nuova: cos’è l’autodifesa?

- Valutazioni dei partecipanti sul percorso finora svolto

Esercitazioni di gruppo e individuali sulle sfaccettature e i paradossi (e loro possibili conseguenze) del linguaggio verbale, che è uno strumento molto meno addomesticato e addomesticabile di quanto sembri: la diversa organizzazione degli stessi dati, lo scambiare i livelli relazionali, l'introdurre disconferme camuffate da critiche costruttive sono alcune fra le più importanti strategie, e anche le più usate, nel quotidiano gioco dello scambio di informazioni. Le esercitazioni sull'uso e il riconoscimento di queste strategie ha l'obiettivo di aiutare a mantenersi in condizioni di "ascolto attivo" in situazioni a forte connotazione emotiva, esplicita o latente. A conclusione, una serie di valutazioni a proposito degli argomenti affrontati durante tutto l'arco del Laboratorio.

 

Ottavo incontro

- Le trappole del linguaggio 2: l’esercizio di stile

- Simulazioni prodotte dai partecipanti

- Il gruppo dei pari come referente per la soluzione dei problemi

Seconda puntata della sintetica esplorazione del campo minato dell'espressione verbale, e inizio di un nuovo settore di attività interna: le simulazioni, innesco essenziale delle situazioni di confronto e discussione all'interno del gruppo, vengono formulate e attuate dai partecipanti stessi dietro supervisione del conduttore degli incontri, intraprendendo il cammino che porta all'autonomia del gruppo dopo la terza fase.

 

Nono incontro

- Simulazioni prodotte dai partecipanti

- Discussione sui come e cosa delle simulazioni

- L’elaborazione delle informazioni all’interno del gruppo dei pari

Viene approfondito il lavoro sulle simulazioni, contemporaneamente al tentativo di delineare l'identità del gruppo, sia al suo interno che nei suoi possibili (auspicabili!) contatti con l'esterno

 

Decimo incontro

- L’identità possibile: il Paracarro, il Generale, il Manager e altri

- Diritti, doveri, terrori veri e falsi - Quando il gruppo dei pari si attiva per prevenire gli scontri

Si prosegue il cammino intrapreso sulla strada della capacità di produzione autonoma concentrandosi anche sulle possibilità di (delicata) introspezione del gruppo e dei suoi membri

 

Undicesimo incontro

- Ma che fai, mi remi contro? Simulazioni prodotte dai partecipanti sul tema del disaccordo tra genitori conviventi e non

Pur essendo un argomento che non sarà certo ignorato durante tutto lo svolgimento del laboratorio, il conflitto tra genitori merita senz'altro un capitolo a sé, a maggior ragione se la situazione di convivenza è instabile o definitivamente compromessa: Proprio l'importanza dell'argomento richiede che i materiali delle simulazioni provengano dal gruppo, anche come test della sua identità.

 

Dodicesimo incontro

- Il Percorso: traduzione del lavoro svolto in indicazioni pragmatiche di comportamento in situazioni di conflitto e/o di crisi

- Questionario finale di valutazione della prima parte del Laboratorio

Dall'inizio alla fine dell'attività viene ripetuto fino alla nausea che non esistono "istruzioni per l'uso". E' però ammissibile (e necessario) potersi in qualche modo rifare a linee di condotta, una volta che se ne siano potuti individuare o almeno abbozzare i principi, tenendo però sempre presente che non è il caso di affezionarsi troppo né alle une né agli altri, se si vogliono evitare pessime figure. Anche questo è un piccolo test sull'identità del gruppo, e sulla sua capacità di offrire in prima istanza accoglienza e sostegno a chi si trovi in difficoltà (cosa di per sé non da poco), e in seconda di offrirsi come risorsa per la ricerca degli interventi più adeguati.

 

Laboratorio sulla Comunicazione
(finalizzato al superamento di alcune difficoltà relazionali interne al gruppo classe)

 

Mi è stato richiesto da un organo collegiale di intervenire allo scopo di agevolare un'evoluzione in positivo all'interno di un gruppo classe caratterizzato da modalità relazionali reciprocamente prevaricatorie e veementi, anche se non totalmente generalizzate. Formulo a tal proposito il seguente piano di intervento articolato in cinque punti, proponendo di utilizzare la zona franca del teatro come terreno neutrale per analizzare ed elaborare assieme ai partecipanti la situazione interna al gruppo, contemporaneamente allo studio delle principali modalità comunicative interpersonali basandosi sull'esperienza diretta dei singoli.

1. Il rapporto con l'Altro

Prendendo spunto da un'aneddotica su alcuni aspetti della propria vita quotidiana preventivamente prodotta dai partecipanti tramite schede questionario anonime, verranno eseguite simulazioni sui diversi "casi possibili" ritenuti emblematici delle dinamiche relazionali all'interno e all'esterno dell'ambiente scolastico. I vissuti e le problematiche emerse durante l'esecuzione di questi role-playing costituiranno il principale campo di indagine e di riferimento per tutta la durata del laboratorio, con l'obiettivo di verificare come, durante il quotidiano dello studente, avvenga la gestione delle relazioni e con quali implicazioni.

2. I linguaggi, le domande e le risposte

Studio ed esercitazioni su linguaggio e metalinguaggio (verbale, mimico-facciale, prossemico, gestuale, tonale) e, riferendosi agli scritti di Watzlawick, Beavin e Jackson sulla Pragmatica della Comunicazione Umana, studio e illustrazione delle modalità di conferma/rifiuto/disconferma. Studio ed esercitazioni sulle strategie elementari del linguaggio verbale, e loro significato contenutistico e relazionale.

3. L'analisi della situazione: il contatto e il conflitto

Studio teorico e pratico della S.E.C. (Situazione Elementare di Conflitto), secondo L.Strasberg, con esercitazioni su: l'incontro, il contatto, la richiesta, la risposta, la motivazione. Esercitazioni pratiche di "lettura" delle simulazioni secondo lo schema di osservazione desunto dalla S.E.C.

4. L'immaginario, l'ideale e il reale

Considerazioni e brainstorming sull'immagine di sé. Il rapporto e la comunicazione tramite stereotipi, e il superamento dello stereotipo mediante l'ascolto attivo: studio delle relazioni con l'ambiente di vita quotidiana e con i compagni di classe, tramite le modalità comunicative che emergono durante le simulazioni.

5. Quando è il corpo a parlare

Esercitazioni basate sul contatto fisico, con l'obiettivo di aggirare le barriere e le resistenze opposte tramite la "razionalizzazione selvaggia" dei problemi posti dalla relazione di contiguità tra i partecipanti. Verranno effettuate anche, con lo stesso scopo, sedute di stimolazione dell'immaginario, utilizzando una tecnica teatrale che presenta alcune analogie col training autogeno.

I cinque punti che ho sommariamente presentato verranno approfonditi e sviluppati non tanto singolarmente, quanto un'integrazione reciproca e secondo tempi e modi variabili in funzione dell'iter e delle dinamiche interne del gruppo, in una parola della sua identità.

Verranno effettuate anche sedute di brainstorming, con l'obiettivo di mappare ed evidenziare l'immaginario del gruppo rispetto alle problematiche via via emergenti, valorizzando e dando spazio al patrimonio esperienziale di ogni partecipante.

Per lo svolgimento del laboratorio è necessario avere a disposizione:

- uno spazio sufficientemente ampio da consentire al gruppo di effettuare esercitazioni in movimento, e che comunque non si trovi all'interno dell'aula di uso quotidiano per le lezioni

- una lavagna a fogli di carta

- sedie per tutti i partecipanti

sono altresì necessari, per conseguire in modo apprezzabile l'obiettivo richiestomi

- n° 10 incontri di 2 ore a cadenza settimanale

- successivi n° 4 incontri di 2 ore a cadenza mensile, per verificare ed analizzare collettivamente eventuali situazioni di crisi verificatesi durante il periodo successivo al laboratorio

 

UN LABORATORIO DI COMUNICAZIONE PER VIVERE MEGLIO IL CORSO I.P.
di Fabrizio Bonora e Antonella Padovani (Direttrice della Scuola per Infermieri Professionali di Imola)

L'avventura ha inizio nel mese di Maggio del 1995 quando una direttrice in erba modello ottimismo/idealismo 100% decide di incontrare gli studenti di ogni classe per parlare dell'esperienza vissuta in tirocinio.
Gli studenti con impegno ed entusiasmo accettano di riempire questo spazio libero per l'espressione del proprio vissuto, con cartelloni collage costruiti a piccoli gruppi: foto ritagliate da riviste con significative immagini di scarpe consumate, lavatrice che centrifuga uno studente, punti interrogativi dipinti su visi incerti, gruppi di giovani in un verde parco in contrapposizione alla foto dell'ingresso di un policlinico e stralci di giornate con parole ricorrenti: morte, stress, il dolore, il conflitto, autonomia, il futuro... , chi sarò?, deprivazione del tempo libero.

Il dialogo con gli studenti si approfondisce e la Direttrice in crisi si rende conto che le ottime performances degli allievi IP sono costate molto, troppo, dal punto di vista emotivo e di stress psicofisico.
Il mio obiettivo di Direttrice diventa una scommessa: dobbiamo insieme trovare il modo per vivere bene il tirocinio raggiungendo, anzi migliorando, le attuali performances formativo-professionali. Il progetto costruito insieme prevedeva interventi sull'organizzazione dei tirocini, sulla motivazione e preparazione del personale dell'equipe di tirocinio, sul tutoring, ma... mancava ancora qualcosa.
Non mi sentivo completamente soddisfatta, perchè il laboratorio di discussione sul tirocinio programmato settimanalmente come momento di rielaborazione in aula dell'esperienza dell'apprendimento "in situazione", mi sembrava utile a rielaborare saperi e a recuperare performance tecniche, ma difficili da gestire per rielaborare il saper essere.
L'immagine dell'allievo nella lavatrice centrifugato insieme a paura, dolore, morte, conflitti, ansia, richieste dei parenti dei pazienti, ecc.

E qui e' avvenuto un incontro fortunato, il classico colpo di fulmine tra un attore e la Scuola Infermieri. L'attore ci ha proposto alcuni progetti realizzati per un'altra Scuola IP sulla comunicazione, sul saper essere, sul vissuto personale, sull'immaginario; abbiamo capito che se si lavorava insieme lui e noi (intendo Direttrice, coordinatori di sezione, docente di psicologia) si potevano dare agli studenti degli strumenti e delle abilità per la lettura di sé stessi in azione, per controllare lo stress, per esprimere e sperimentare l'immaginario, per stare bene con sé stessi e con gli altri e finalmente... bloccare la lavatrice.

Teatro e formazione infermieristica: è poi così strano?

Mi sento in dovere, prima di presentare l'esperienza alla Scuola IP di Imola, di spendere qualche parola sul percorso che mi ha portato a svolgere l'attività di formatore del personale assistenziale e sanitario, complementarmente a quella di attore: non si è trattato di "diversificare" come succede alle aziende in crisi che impiantano attività tampone per controllare gli esuberi di manodopera, ma di una vera e propria branca del sapere teatrale indirizzata allo specifico in oggetto:quando,

nel '78, iniziai il mio apprendistato di attore, erano molte le esperienze di teatralità all'interno degli Ospedali Psichiatrici che coinvolgevano, anche a livello formativo, il personale in servizio: si trattava, allora, di abbattere tutta una serie di barriere, ideologiche e non, nei rapporti con un'istituzione totale in via di dissolvimento, in un periodo in cui si poteva sparare nel mucchio certi di colpire comunque qualcosa.

Peccato che molto di queste esperienze non sia riuscito ad andare aldilà del sensazionale, senza colmare alcuni grossi vuoti che riguardavano (e riguardano tuttora) il quotidiano e lo specifico degli operatori, limitando tra l'altro il campo d'azione al solo comparto psichiatrico (non avrebbe potuto essere altrimenti,in quel periodo); pur avendo seguito più che altro da novizio queste esperienze, la mia formazione di attore ha avuto un imprinting indelebile per ciò che riguarda la funzione sociale della teatralità, il suo poter essere parte attiva e non mera cornice di quel mondo di piccoli grandi accadimenti che è la vita quotidiana.

E fu così che un attore non tanto in erba sentì il bisogno di essere là dove ci sono da ascoltare le straordinarie storie dell'ordinaria sofferenza, iniziando da una comunità per ex tossicodipendenti in Umbria, passando per un SERT, per Aziende Ospedaliere e per varie Scuole IP, e ultima (in ordine di tempo) quella di Imola.
Qui ho dovuto attuare due differenti percorsi: con gli allievi IP del 3° anno sp., avendo a disposizione 40 ore come insegnamento di psicologia, ho utilizzato una struttura molto simile a quella dei laboratori per il personale già in servizio, dedicando le prime due delle quattro ore di durata delle lezioni all'analisi delle componenti della relazione d'aiuto e delle situazioni di conflitto, tramite brevi simulazioni guidate e giochi teatrali riferiti al metodo Strasberg-Actor's Studio; venivano inoltre osservate le modalità fondamentali della comunicazione secondo Watzlawick, Beavin e Jackson in Pragmatica della Comunicazione Umana.

La seconda parte degli incontri era dedicata alla discussione di temi da me proposti tramite simulazioni eseguite dagli allievi. Ogni acquisizione teorica veniva verificata nei vissuti sia del momento che del tirocinio, con un grado di coinvolgimento sempre molto alto da parte degli studenti, che più di una volta hanno ignorato la campanella del "tutti a casa" per poter terminare una discussione avviata.
Oltre alle simulazioni ho proposto diverse "immagini guidate", con una tecnica che ricorda il training autogeno: anche queste con l'obiettivo di portare a galla temi e sensazioni che, pur facendo parte del quotidiano dell'IP, vengono quasi sempre accantonate perché "sono poco razionali", "gli altri mi direbbero che sono scema", "penso di non essere abbastanza forte", "credevo capitasse solo a me di sentirmi così", e via dicendo.
Grande è la sorpresa quando si scopre che tanti malesseri vissuti come tare individuali sono invece patrimonio comune, derivante dalle oggettive condizioni di lavoro dell'IP: altrettanto confortante è stato per gli allievi sapere che anche personale in servizio da vent'anni e più, durante i laboratori di comunicazione, rivela di vivere o aver vissuto questo patrimonio con la stessa sensazione di impotenza, di inadeguatezza, di "essere sbagliato".
Una volta raggiunto questo livello di consapevolezza, il passo successivo consiste nella ricerca e individuazione di strumenti che consentano una condivisione equilibrata dei problemi legati al saper essere: va da sè che il punto di arrivo è l'attivazione del gruppo dei pari come luogo di reciproco sostegno e ascolto per la prevenzione di stress e burn out.

Diverso invece l'approccio con gli allievi del 1° anno Sperim., data la prospettiva di seguirne l'evoluzione per tutto il triennio e di poter quindi procedere di pari passo con le esperienze e i problemi dei periodi di tirocinio: si rende possibile una sorta di maieutica interna, in cui (per buona parte del primo anno) non si cerca tanto di dire allo studente cosa cercare e dove, quanto di favorire l' emergere di un atteggiamento di reciproco ascolto nelle interazioni operatore-paziente e operatore-operatore lavorando, durante le lezioni, sia sulla verbalizzazione che sulle forme più elementari della comunicazione (ad esempio sul contatto fisico), lasciando a ognuno il tempo e lo spazio per decidere non solo come e quando esprimere ansie, dubbi, ma anche per proporre soluzioni e favorire la nascita del gruppo dei pari come luogo di riferimento.

Mi rendo conto di quanto più vaga appaia questa descrizione, se la confrontiamo con quella del percorso precedente, ma ritengo necessario far attraversare agli allievi questa fase pre- didattica (che coincide con il periodo di tirocinio osservativo), un po' come ai bambini delle scuole materne si insegna pre-lettura e pre-scrittura, in cui la pratica ha la meglio sulla grammatica: senza però dimenticarla, ovviamente.
Gli oggetti di studio sono e saranno gli stessi in entrambi i percorsi, ma mentre nel primo caso le 40 ore di lezione sono state una sorta di "viatico" per chi, comunque, qualche idea della vita infermieristica se l'è già fatta e sta per navigare in mare aperto, nel secondo abbiamo più possibilità di lavorare sulla nascita e crescita del gruppo in una situazione protetta e graduale, alimentando il clima di reciproca fiducia senza per questo abbassare la guardia rispetto alle varie spiacevolezze che la professione infermieristica (come tante altre, purtroppo) riserva.

E' un'impostazione che ha consentito, da parte degli allievi, la presa di possesso dello spazio di confronto senza timore di bruciarsi per eccesso di sincerità, anche qui manifestando il tutto, oltre che con una vivace partecipazione verbale, con comportamenti analoghi a quelli dei loro colleghi di 3° anno.

Mi piacerebbe, ora, citare uno per uno i protagonisti di questo viaggio, ma ragioni di spazio (e, in fondo, anche una certa dose di scaramanzia) mi sconsigliano di farlo. Ciononostante, senza piaggeria alcuna, voglio che siano presenti:

Antonella Padovani (direttrice)
Lucia Bertozzi e Claudia Visani (coordinatrici 3° anno)
Viviana Pelliconi e Ivana Nanni (coordinatrici 1° anno)
Licia Vasta (psicopedagogia)

grazie, per essere mie compagne di viaggio. Un grazie anche a Luciana Castagna, che pur non potendo essere presente ha fortemente incoraggiato l'iniziativa.

La valutazione

I risultati raggiunti?... Per noi gruppo docenti e personale didattico della Scuola, è stata un'esperienza esaltante: finalmente un aiuto alle nostre ansie, un punto di riferimento per la gestione del gruppo classe, un coinvolgimento di tutti per il benessere di tutti.
Per il gruppo classe di 3° anno rappresenta l'esperienza del gruppo dei pari che possono sostenere il singolo per difendere il proprio ruolo, la propria professionalità e per superare la frustrazione dello scontro esistente fra ideale e reale nella socializzazione al lavoro.

La valutazione degli studenti è stata estremamente positiva sia in termini di interesse , coinvolgimento e utilità: "lezioni utili per migliorare il lavoro", "sdrammatizzare...", "recitare", "discutere insieme", "servono più ore", " il paradosso...", "peccato che queste lezioni siano arrivate un po' tardi, finalmente qualcuno ci aiuta e ci fa sperimentare come comportarci con un malato terminale".
Grazie comunque... e in bocca al lupo per le prossime classi.
Gli studenti del 1° anno sperimentale hanno iniziato questo percorso da pochi mesi, ma il laboratorio di comunicazione nelle loro valutazioni è a tutt'oggi "ottimo come opportunità di sfogo", "spazio liberatorio", "espressione delle proprie difficoltà in ambiente protetto", "apprendimento dai compagni", "occasione di dialogo".
E così da quest'anno possiamo dire di avere un formatore "speciale " in più e di aver costruito insieme agli studenti dei percorsi formativi personalizzati in un clima di gruppo positivo e rassicurante. E l'avventura è appena all'inizio.

torna all'homepage