WORKSHOPS
I laboratori non sono rivolti solo ai professionisti (o aspiranti tali) del teatro, ma a chiunque sospetti la presenza (o anche l’assenza) di un luogo -un topòs- teatrale dentro di sé, dove spesso si trovano creatività, fantasia, voglia di raccontare e raccontarsi.
Questi workshops trattano argomenti che fanno parte del lavoro di qualsiasi tipo di attore, sia esso un animale da palcoscenico, un attore di strada o un clown: è chiaro che gli accenti, in quest'ultimo caso, vanno spostati sui registri comici di ogni situazione, ma si tratti di Amleto o di Arlecchino non c'è dubbio sul fatto che gli elementi base del lavoro siano i medesimi.
Lo stesso grammelot (e qui ribaltiamo il discorso), generalmente pensato come artificio comico per eccellenza, nasconde tra le sue pieghe forti possibilità drammatiche.
Non è necessario essere attori navigati per partecipare a questi stages: anche chi fosse totalmente digiuno di palcoscenico -ma comunque attratto da questo affascinante mondo della finzione assolutamente reale- potrà partecipare, traendone diversi suggerimenti e conoscenze a proposito delle quotidiane interazioni.
In fondo si tratta di fare una full immersion non solo nel gioco teatrale ma anche nel quotidiano guazzabuglio della comunicazione, dei linguaggi verbali e non verbali, di una parola inventata sul momento, di un gesto nuovo ma profondamente nostro.
Può anche accadere che qualcuno riesca a dire quel che non aveva mai saputo di sapere.
Si imposterà la lunga e puntigliosa genesi di un carattere, di un'andatura, di un tic che compare senza che lo si sia programmato. Chi è la persona a cui prestiamo il nostro corpo e le nostre emozioni?
Drammaturgia del personaggio
Voce
Narrazione
Grammelot
Improvvisazione
I linguaggi del teatro
Il training Fisico (livello base)
Prendersi a sberle fa morire dal ridere
Drammaturgia del personaggio
1. Caratteristiche fisiche: improvvisazioni alla ricerca dell' identità attraverso i rapporti tra
- movimenti
- vestiario
- voce
- linguaggi2. Caratteristiche personali: improvvisazioni alla ricerca dell' identità attraverso i reciproci rapporti tra i personaggi, evidenziando
- simpatie
- antipatie
- fissazioni
- obiettivi3. Esercizi di stile
4. Ricerca e costruzione del sottotesto
5. Improvvisazioni singole e a coppie
E' fondamentale evitare lo scoglio dell'impostazione intellettualizzata, pur mantenendosi vigili ed aperti allo sviluppo della situazione.
C'è un corredo da preparare, che ci seguirà per sapere chi siamo nel momento in cui entreremo in scena e che ci darà la capacità di agire e reagire, come diceva Stanislavskij, in maniera logica e coerente.
La voce è il nostro naturale prolungamento: attraverso la voce si veicolano emozioni e pensieri, spesso in contrasto fra loro, ed è certo che nessun attore, clown o drammatico che sia, può prescindere da un uso cosciente delle proprie capacità vocali.
Voce: impostazione della tecnica vocale
1. Respirazione e rilassamento
2. Scansioni ritmiche sonore
3. Risuonatori
4. Coordinazione direzionale suono/movimento
5. Il linguaggio tonale
6. Elaborazione di immagini sonore
7. La voce e l'emozione
Non si tratta soltanto di ricercare la potenza dell'emissione vocale attraverso la concentrazione ed il rilassamento, è fondamentale sapere che cosa si sta realmente dicendo, e come lo si sta dicendo.
Si inizia con la tecnica per poi cercare lo stupore, la sorpresa, la rabbia, la dolcezza.
Narrazione a tecniche miste 1
2
3
- Storia o resoconto: il modello attanziale di Greimas
- Essenziale, compresso ed espanso
- L’importanza del linguaggio e l'ancestrale forza del dialetto
- Esercizi di stile
- Mi scusi, dov'è Piazza Dante?
- Lo stravolgimento, ovvero come mettere i rospi in tasca a Cappuccetto Rosso e farla incontrare con il Televisore Cattivo
- Le immagini e gli oggetti
- Dai Carabinieri al Witz: un viaggio dal testo alla rappresentazione e ritorno
- Vedere e sentire per far vedere e far sentire
- L’uso dello sguardo
- Agire la verbalità
- Come descrivere una sedia
- Raccontare senza parole: il Grammelot
- Una fiaba
- L’uso della musica suonata dal vivo
Che differenza c'è tra il narrare qualcosa ed esporre i fatti?
Può succedere che il racconto di un evento di portata storica risulti più sciapo di una minestra senza sale, e che invece quello dello starnuto di una vecchia signora diventi inspiegabilmente la gag dell'anno.
Non è così inspiegabile, e soprattutto così inimitabile: le risorse personali di chiunque sono sufficienti a trasformare un panino con la mortadella in un ricevimento a Corte. Provare per credere.Ogni partecipante deve scegliere e imparare molto bene una fiaba. Solo fiabe tradizionali, ovviamente non lunghe.
Suggerisco di cercarle nella raccolta “Fiabe Italiane” di Calvino, una vera miniera d’oro.
Non sarà un grosso problema la presenza di eventuali doppioni, ma sarebbe meglio non ve ne fossero. Se a qualcuno viene in mente di incorporare in qualche modo oggetti (OGGETTI, GIOCATTOLI O PUPAZZI solo se AUTOCOSTRUITI) nella sua fiaba è liberissimo di portarli.
Insomma, le idee sono benvenute.
Chiunque sappia suonare uno strumento abbia la compiacenza di portarlo, anche se si tratta di qualcosa di molto semplice. E’ però essenziale che si possano ottenere suoni diversi per tonalità e intensità, anche se non regolari.
Indossare abiti comodi e che consentano di muoversi agevolmente (NON TUTE DA GINNASTICA, PER FAVORE), e ai quali non si sia troppo affezionati.
Tecnica del grammelot
Il grammelot, antico linguaggio dei giullari e della Commedia dell'Arte fatto di suoni e parole inventate, è stato rilanciato oltre venti anni fa da Dario Fo con il suo indimenticabile Mistero Buffo.1. I linguaggi non verbali
2. Decontestualizzazione del linguaggio verbale
3. Giochi sui paradossi comunicativi
4. La descrizione: verbale e non verbale
5. Costruzione di elementi di verbalità agita
6. Il parlare onomatopeico
In questo stage ci si prefigge l'obiettivo di impostarne le caratteristiche e la logica per un suo utilizzo sia in senso comico che drammatico.
Tecnica dell'improvvisazione singola e d'assieme
1. Sintetica illustrazione del Metodo Strasberg e degli elementi costitutivi la situazione di conflitto elementare
2. Il modello attanziale di Greimas
3. Conflitti e obiettivi
4. Microsituazioni di conflitto: prime improvvisazioni
5. Costruzione di situazioni a concatenamento casuale
6. Esercizi di stile
7. Improvvisazioni a coppie e in gruppo in "circostanze date" secondo il Sistema Stanislavskij
8. Immagine interna e memoria emotiva
9. Il rapporto con gli oggetti
Improvvisare.
All’improvviso.
Senza preavviso.
Adesso.
E adesso?Descritta così, è una situazione disperata.
Gettati nella mischia senza appello, senza un ombrello, senza sapere cosa fare, né perché.
Un bel problemaMa l’improvvisazione non si improvvisa.
Pensare che sia una cosa che “come va, va” non è la strada che possa portare a un qualche felice epilogo.
Se il lavoro di preparazione del personaggio è stato ben eseguito, molte cose possono venire in aiuto, ma non è detto che tutti gli elementi si svolgano ordinatamente e secondo i vostri piani.
Possono intervenire imprevisti (una sedia che cade), istanti di inarrestabile creatività di un collega in scena con voi, amnesie (anche vostre), rumori inattesi, oppure per un magico istante voi SIETE il vostro personaggio, e le vostre gambe si muovono da sole, i vostri gesti non sono quelli previsti e programmati ma sono quelli che avete sempre sognato, e dopo aver preso la rincorsa vi state per inchiodare sul bordo del trampolino un istante prima di spiccare il volo verso la creazione, verso quella cosa che state covando da mesi senza esservene accorti.
E non c'è più né il prima né il dopo, c'è solo la paura sull'orlo di quello che ora è un abisso di tragica inazione.
Forse perché manca la risposta ad alcune domande:
- Cosa vuoi da lui (o da me)?
- E perché?
- E se non lo ottieni che cosa succede?
Dove sei, perché, in quale situazione ti trovi: questi elementi possono essere la spinta verso la creazione o la zavorra che ti trascina a fondo nonostante tutto, e la paura può vincerla su qualsiasi buona intenzione a discapito della qualità del proprio lavoro e -cosa fondamentale- del piacere di farlo.
Abbiamo però una concreta serie di possibilità che ci sono date dal Metodo Strasberg e dalle impostazioni di Stanislavskij: l’esplorazione delle relazioni che legano fra loro i personaggi, il sondare con cura la propria identità di personaggio, la ricerca delle motivazioni più essenziali dei propri comportamenti -in altre parole la drammaturgia del personaggio- saranno gli argomenti di questi due giorni di lavoro.
Le applicazioni di questa ricerca non si limitano però ad un uso teatrale: anche nell’ ambito del quotidiano, la consapevolezza di sé è un elemento fondamentale per acquisire sicurezza nelle relazioni con gli altri, per avere un’adeguata percezione e valutazione di quello che sta accadendo -e delle sue conseguenze- nel momento stesso in cui accade, insomma per una positiva interazione in tempo reale.
I linguaggi del teatro
1. Il linguaggio verbale: le uova al tegamino secondo Anubi
2. Il linguaggio gestuale, ovvero "La padella, questa sconosciuta: come colpire il proprio antagonista e soprattutto perché"
2-1 . L'importanza dello stile: amici, nemici, o semplici conoscenti?
3. Il linguaggio mimico facciale, ovvero "La faccia parlante: esercitazioni sull'uso dello sguardo"
4. Il linguaggio tonale, ovvero "Litigare con un ragno e guidare un cieco con i numeri"5. L'insieme dei linguaggi non verbali, ovvero "Il Grammelot"
5-1. Come descrivere una sedia
5-1. Incontrarsi al bar
5-3. Le strade del Grammelot
6. Il testo e il con/testo, ovvero "Sto pensando quello che dico o sto dicendo quello che penso?"
7. La comunicazione secondo Watzlawick: conferma, rifiuto e disconferma
L’esistere in scena è basato sulle proprie capacità comunicative: se non fai in modo che tutti capiscano che cosa stai facendo e perché, impedisci ai tuoi partner di fare la loro parte durante lo spettacolo.
E non sto parlando solo di quelli che con te sono sul palco: di partner, in platea, ce ne sono tanti quanti sono gli spettatori, e uno spettacolo funziona se anche loro possono essere parte attiva.Al contrario di quanto generalmente si pensa, lo spettatore non è un soggetto passivo.
Ride o piange quando può ricostruire quello che siamo sulla scena, ma solo perché noi stiamo lavorando insieme a lui ad assemblare tutti gli elementi necessari a suscitare pensiero ed emozione.
Quando si è in scena, la consapevolezza di sé e del proprio corpo sono indispensabili, è evidente, ma bisogna avere ben chiaro tanto il “cosa” quanto il “come” si stia agendo in scena perché in una situazione teatrale, con ritmi e modalità comunicative alterati (o forse è meglio dire ricodificati) dalle necessità sceniche, è estremamente facile cadere e far cadere nell’equivoco, generando una comunicazione sviata, contraddittoria o addirittura illeggibile.
In questi due giorni di lavoro si toccheranno i vari aspetti della comunicazione -teatrale e quotidiana- con esercitazioni che andranno dal grammelot (la parlata onomatopeica) alla declamazione, dal contatto fisico all’esercizio di stile secondo Queneau, con particolare attenzione ai linguaggi non verbali.
Il Training fisico (livello base)
Studio del movimento? No, il movimento come studio
Muoversi in scena è tutt’altra cosa dal quotidiano, anche quando voglia esserne la replica fedele. Improvvisamente ci troviamo dotati di troppe mani, troppi piedi, una quantità eccessiva di occhi, ci sentiamo perennemente nel posto sbagliato e con il corpo sbagliato.
La ricerca della consapevolezza di sé e del proprio corpo richiede un quotidiano lavoro di allenamento -di un "training", per l'appunto- che sia lo spazio che l'attore (o il clown) dedica a sé e allo studio delle proprie peculiari possibilità.
Il movimento non è un fine, è un tramite. La “tecnica” di esecuzione di un qualsiasi movimento è il punto di partenza per rendersi consapevoli delle proprie tensioni, del proprio grado di attenzione a Sé e all’Altro.
Prendersi a sberle fa morire dal ridere
1. Pugni, calci, schiaffi e cadute
2. La Slow Motion
3. Cadere: tecniche di atterraggio
4. Far cadere: tecniche di atterramento
5. Piccole grandi acrobazie
6. Improvvisazioni
La vita del clown è ricchissima di contrasti che iniziano, si sviluppano o terminano a suon di sventole che alzano magicamente dal suolo, pedate nel didietro che fanno fare le capriole, acrobatiche e rovinose cadute da inaffidabili trespoli.Ma un clown che non sa cadere non solo si fa molto, molto male ma fa anche molta, molta pena, e uno schiaffo finto è così platealmente finto da sembrare vero solo se chi lo dà è in perfetto sincronismo con chi lo riceve.
Inciampare, ricordiamolo sempre, è un'arte.
Questi due giorni di lavoro impostano un allenamento che richiede costanza, attenzione, precisione e nervi saldi, per dare al pubblico il brivido che precede la risata liberatoria.